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La realtà dei due bambini Gesù

La realtà dei due bambini Gesù si basa su fatti concreti, percepiti non solo da Rudolf Steiner o dai suoi seguaci. L'infanzia e la natura di Gesù sono rimaste nascoste per secoli, ma quando verranno alla luce, rivelaeranno cose essenziali per la vera pace del pianeta.


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REALTÀ DEI DUE BAMBINI GESÙ

La realtà dei due bambini Gesù poggia su fatti concreti, percepiti non solo da Rudolf Steiner o da suoi seguaci. Il teologo protestante tedesco Christian Geyer (1862-1929), che non accettò mai la Christengemeinschaft steineriana , fondata il 16/09/1922 a Dornach (Svizzera), confessò che l'idea dei due bambini Gesù gli era divenuta accettabile solo secondo il seguente suo ragionamento: "L'entità divina del Cristo poté rivestirsi solo con un involucro provvidenzialmente preparato a tale fine. Perciò il corpo in cui il Cristo penetra (al momento del battesimo da parte di Giovanni) è stato sviluppato e abitato prima da un'anima interamente pura e infantile, e poi da uno spirito della più alta saggezza, quale fu lo Zaratustra reincarnato, uno Zaratustra molto più antico di quello storico. L'ammissione che siano vissuti l'uno accanto all'altro due bambini Gesù, uno della linea natanica (Luca 3,31) e uno della linea salomonica (Matteo 1,6) fino al momento in cui l'io di Zaratustra del fanciullo salomonico trapassa nel fanciullo natanico per far posto più tardi, col battesimo, all'entità del Cristo, è certo un'ammissione singolare che a prima vista appare strana. Per me è diventata sopportabile solo dopo averla tradotta dall’idioma volutamente oggettivo della constatazione intellettuale, in quello della religione; e significa che poté essere portatore dell'entità Cristo solamente un essere umano che fosse contemporaneamente del tutto bambino e compiutamente sapiente" (ho spesso parlato di Christian Geyer, cfr., ad es., il sito “Sabatoxuomo”).

Il segreto dei due bambini Gesù, il mistero dell'infanzia di Gesù e della natura stessa di Gesù è rimasto nascosto per secoli. Una volta portato alla luce, furono e saranno comprensibili molte cose che, nella storia dell'umanità, apparvero e disparvero come fuochi fatui. Vari dipinti che prima riuscivano enigmatici divennero chiari. Nel museo di Berlino c'è un dipinto di Raffaello che rappresenta una Madonna con tre bambini: la "Madonna del duca di Terranova". Uno è il piccolo Giovanni. E degli altri due, uno è sul grembo di Maria e l'altro è appoggiato a Maria.

Anche volendo escludere (ma ne dubito) che Raffaello abbia avuto conoscenza dei due bambini Gesù, potrebbe darsi che, magari in relazione a una tradizione pittorica segreta, Raffaello non abbia saputo chiaramente che cosa dipingeva, pur sapendo di dipingere la verità. 

A Milano, nella basilica di Sant'Ambrogio, si ammira un dipinto del Bergognone (1455-1523):

In questa sua opera, Gesù bambino siede in cattedra nel tempio parlando coi sottostanti sapienti contemporaneamente sbirciando un altro bambino, mentre in basso, a sinistra si vede la testa di un terzo bambino vestito con un abito diverso. Anche questo dipinto, creato coscientemente o no, è l'esatta rappresentazione dei due fanciulli dopo la loro "fusione", che appunto si cela nel racconto di Gesù dodicenne nel tempio.

Esistono parecchi e analoghi precursori del dipinto del Bergognone, che suggeriscono la possibilità che in certe scuole pittoriche possa essersi tramandata, sotto forma di un motivo pittorico, una CONOSCENZA DEI DUE BAMBINI GESÙ. Per esempio, una miniatura bizantina del IX secolo, illustrazione dell'opera "De dogmate et constitutione episcoporum" di Gregorio di Nazianzio (Parigi, Biblioteca Nazionale, Ms. gr. 510, fol. 165), riprodotta in Rohault de Fleury: l'évangile I, XXXI, pag. 66):

Per quanto si possano interpretare queste analogie come dipinti in cui due scene diverse sono raffigurate l'una accanto all'altra, pure l'affresco milanese rivela, con l'appariscente diversità delle due figure di bambini, per lo meno una conoscenza istintiva del mistero che si esprime in quella scena. L’eventuale obiezione che si tratti di pitture raffiguranti due momenti diversi, cade di fronte a un gruppo di dipinti, che (evidentemente seguendo la tradizione di una certa scuola pittorica), nel raffigurare la scena di "Gesù dodicenne nel tempio" aggiunsero misteriosamente la figura di un secondo Gesù.

Così, ad esempio, in certe altre opere di Gerolamo Giovenone, o di Defendente Ferrari, Martino Spanzotti ed altri, la sacra famiglia al completo, Giuseppe, Maria, e Gesù, tutti e tre caratterizzati dall'aureola, ascoltano gli insegnamenti di Gesù dodicenne, maestosamente assiso al centro. Il bambino che ascolta appoggia devotamente il viso rivolto verso l'alto, sul braccio di Gesù, il quale sta parlando (vedi le due figure precedenti).

Varianti di questo tema mostrano la famiglia in ascolto divisa in due gruppi e il secondo bambino Gesù un po' in disparte, mentre si accinge ad allontanarsi.

Questo gruppo pittorico, su cui per primo attirò l'attenzione C. S. Picht, fu pubblicato nel numero di Natale nella rivista "Die Christengemeinshaft", annata XVII, fase. 9, 1940). Nel 1969 e 1970 furono stampate due importanti pubblicazioni sull'iconografia dei due bambini Gesù: il volume, riccamente illustrato, di Hella Krause-Zimmer "Die zwei JesusKnaben in der bildenden Kunst" ("I due Bambini Gesù nelle arti figurative"), Verlag Freies geistesleben, Stuttgart, 1969. E l'articolo di Franz Nahm "Die zwei JesusKnaben", nella rivista "Arte Lombarda", 1970, secondo semestre.

Così pure qua e là nella letteratura. detta apocrifa dei primi secoli cristiani si ritrovano alcuni passi enigmatici che , a distanza, ora sono illuminati dallo svelato mistero dei due bambini Gesù.

In un passo dell'apocrifo VANGELO DEGLI EGIZIANI, di cui si possiedono solo pochi frammenti, si legge: «Alla domanda di Salomé, quando sarebbe venuto il Regno, il Signore rispose: "Quando i due diventano uno e l'esterno come l'interno"»!

Nel testo profetico ebraico "Sefer ha-Zohar" ("Libro dello Splendore"), che è il libro più importante della tradizione ebraica, ritornano spesso passi come i seguenti: "IL FIGLIO DI DAVIDE E IL FIGLIO DI GIUSEPPE SONO DUE, NON UNO. Il figlio di Giuseppe morirà di una morte crudele. A lui succederà il figlio di Davide. IL MESSIA, CHE È FIGLIO DI GIUSEPPE SI RIUNIRÀ AL FIGLIO DI DAVIDE, PERÒ SARÀ UCCISO", "Un altro Messia, il figlio di Giuseppe, si riunirà col figlio di Davide. Ma il Messia, figlio di Giuseppe, non resterà in vita, sarà ucciso e ritornerà vivo, quando la collina piccola riceve la vita sul colle grande", "II Messia figlio di Davide, e il Messia figlio di Giuseppe, sono precipitati nell'abisso. Uno di loro è un pover'uomo che cavalca un asino, l'altro è il primogenito di un Toro". Ovviamente, il Toro rappresenta la Torà, cioè la legge degli ebrei. La Torà è la nostra Bibbia (i suoi primi cinque libri), la cui prima parola, "Berescit", "In principio", inizia con una "b", che in ebraico ha valore numerico 2.

ב (bet) = 2

Non voglio certo dire che in queste frasi geroglifiche occorra leggervi proprio dei 2 bambini Gesù. Dico solo che mi danno l'impressione che chi le scrive va a tentoni in un luogo tenebroso, riuscendo a palpare incerti contorni di qualcosa che può essere riconosciuto solo in una chiara luce.

L'attesa dei FUE MESSIA, uno sacerdotale e l'altro regale, risulta anche dai famosi manoscritti del Mar Morto, scoperti nel 1947. Com'è noto, i manoscritti del Mar Morto, scoperti nelle grotte di Qumran, provengono dalla setta degli Esseni, di cui Emil Bock ha scritto diffusamente nel volume "Cesari e Apostoli" e che menziona estesamente anche nell'opera "Infanzia e giovinezza di Gesù" (Ed. Antroposofica). Sull'attesa messianica della setta di Qumran si veda, tra l'altro, il volume "La secte de Qumran et les origines du christianisme" di Autori vari, pubblicato nel 1959 a Lovanio da Desclèe De Brouwer, pag. 124-125).

Nello scritto paleocristiano "I testamenti dei dodici patriarchi" (detto apocrifo) in cui ognuno dei 12 figli di Giacobbe lascia un testamento alla propria tribù, si legge alla fine del testamento di Simeone: "Un giorno Sem sarà glorificato, quando il Signore, il grande Dio di Israele, apparirà sulla terra in un uomo e per mezzo suo salverà l'umanità. Allora tutti gli spiriti dell'errore saranno abbandonati e calpestati; gli uomini regneranno sugli spiriti malvagi. Allora io risusciterò giubilando e lodando l'Altissimo per i suoi prodigi. Perché Dio, dopo aver assunto un corpo e mangiato insieme agli uomini, ha salvato gli uomini. E ora, figlioletti miei, obbedite a Levi e per mezzo di Giuda (Levi e Giuda sono due dei 12 figli di Giacobbe, capostipiti delle tribù che da loro presero il nome; i discendenti di Levi furono sacerdoti, i Leviti, e dalla tribù di Giuda nacque Gesù, il Messia Salvatore) sarete salvati. Non insorgete contro queste due tribù, perché da loro vi scaturirà la salvezza di Dio. Infatti il Signore risveglierà da Levi un Sommo Sacerdote e da Giuda un Re, Dio e Uomo" (II, 6-7; cfr. il PDF gratuito). Queste parole in forma di profezia sono singolari, al punto che ancora una volta è impossibile applicarle direttamente ai due bambini Gesù: entrambe le genealogie dei vangeli, sia quella di Matteo, sia quella di Luca, sono fatte, lì, risalire a Giuda ma nessuna delle due, a Levi. Eppure questa profezia si è avverata nei due bambini Gesù, dato che il Gesù salomonico (Matteo) discende dalla linea dei Re, e quello natanico (Luca) da una linea sacerdotale (è singolare che la linea natanica, elencata dal vangelo di Luca, sebbene non discenda da Levi, contenga due volte il nome Levi. Sebbene discenda da Giuda, a questa linea, in quanto sacerdotale, devono essere state attribuite funzioni levitiche).

Ed ecco un'altra evidente testimonianza (prova? Empirismo artistico? Chiamatela come volete):

Proviene comunque dall’arte. Si tratta del dipinto di Bernart van Orley (1491-1542), SACRA FAMIGLIA CON ELISABETTA, GIOVANNINO E UN TERZO BAMBINO (San Francisco, Collezione privata), in cui, oltre a Gesù e a Giovannino, c’è un terzo bambino, a sinistra in basso, con l’aureola. Il pittore mette in evidenza che questo bambino, di circa due anni, sa già scrivere e si appoggia ad una pietra squadrata, uguale e simmetrica a quella su cui, a destra, sta in piedi il piccolo Giovanni, con tutti i suoi usuali attributi. Su questa seconda pietra si legge chiaramente (nel volume di Bock "Infanzia e giovinezza di Gesù", op. cit.) il nome "Johannes". Si può quindi immaginare che sull'altra pietra si trovi inciso, ma accuratamente nascosto, il nome del terzo bambino.

Vi sono molte altre conferme di chiaroveggenza circa i DUE BAMBINI GESÙ. Una di queste è l'antica Pistis Sophia, un'altra è addirittura la Divina Commedia di Dante Alighieri. Saranno il tema del prossimo scritto.

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