JESHU BEN PANDIRA (R. Steiner, Lipsia, 1911)

A cura di Marameo (ndm = note di Marameo)

Leggendo la conferenza seguente, capirai il motivo di debacle della cosiddetta società antroposofica, divenuta conforme al diritto di Stato, cioè parificata alla kultura di Stato Plenipotenziario in cui oggi conviviamo da schiavi, detti contribuenti e persuasi che "schiavo è bello":

 

Lipsia, 5 novembre 1911

 

Abbiamo parlato ieri della triplice costituzione della vita dell'anima - la sfera delle rappresentazioni e dei pensieri, la sfera dei sentimenti e quella degli impulsi di volontà - sarà ora interessante chiedersi come poter lavorare, mediante l'autoeducazione, alla giusta formazione e al giusto sviluppo di queste tre componenti.

Prendiamo le mosse dalla vita volitiva e domandiamoci quale qualità dobbiamo in particolar modo coltivare per influire favorevolmente sul volere.

 

Sulla volontà agisce nel modo più favorevole quella vita che, in tutto il suo modo di essere, proceda secondo la comprensione del karma e si sforzi di sviluppare, come qualità principale, una calma accettazione del destino.

Come si potrebbe, infatti, conseguire tale accettazione e tranquillità se non facendo del karma un vero contenuto di vita?

Che cosa significa "fare del karma un vero contenuto di vita"? Significa che, non solo in teoria ma in modo vitale, di fronte ad un dolore, proprio e altrui, di fronte ad una gioia come ad una sventura, ci sia chiaro che, in senso superiore, quello che ora ci colpisce siamo stati noi a provocarlo.

Significa sviluppare quell'atteggiamento per cui accoglieremo con gratitudine la gioia, pur sapendo che in un certo senso è pericoloso abbandonarvisi smoderatamente

Se vogliamo progredire, dobbiamo guardare alla gioia come a qualcosa che, per lo più, è in relazione con un destino futuro e non con quello passato.

Nella maggior parte dei casi, la gioia non l'abbiamo meritata con le nostre passate azioni.

Se, con i mezzi occulti esaminiamo il karma, vediamo che nella gran parte dei casi, la gioia che sperimentiamo, non fu da noi meritata, e quindi dobbiamo accoglierla con gratitudine, come offertaci dagli dèi.

Di fronte a tale gioia dobbiamo dirci: questa gioia deve spronarci al lavoro; dobbiamo accogliere le forze che, per suo mezzo, fluiscono in noi ed impiegarle in modo fecondo.

Dobbiamo considerare infatti la gioia come una sorta di anticipazione dell'avvenire.

Il dolore, invece, l'abbiamo per lo più meritato noi con le nostre azioni, e se ne possono trovare le cause nella vita attuale o in quelle precedenti.

Occorre però essere pienamente consci del fatto che spesso, nella vita esteriore, non ci si può comportare, verso il karma, secondo questo atteggiamento.

Rispetto a quanto ci arreca dolore, non sempre è possibile comportarsi in modo che si palesi la nostra accettazione del destino.

Ma anche se tale accettazione non sempre possa manifestarsi esternamente, l'essenziale è che essa viva nella nostra anima.

Supponiamo, ad esempio, che qualcuno ci colpisca con un bastone.

Di solito ci si domanderà: chi mi picchia? Nessuno certo dirà: io mi sono picchiato.

Eppure, è così: noi stessi abbiamo, in giorni remoti, alzato il bastone contro un altro, siamo stati noi stessi ad alzare quel bastone.

Abbiamo un ostacolo da rimuovere e ciò avviene tramite il karma.

Anche se qualcuno ci si mostra ostile, è karma.

Siamo noi stessi che, a pareggio di qualche azione passata, ci infliggiamo un dolore.

Perveniamo a considerare giustamente la nostra vita e ad allargare il nostro essere, se diciamo: tutto quanto ci accade, proviene da noi stessi.

L'azione che si compie fuori è nostra, pur sembrando compiuta da altri.

Se sviluppiamo tale atteggiamento, la tranquillità e l'accettazione del destino che ne conseguono, rafforzeranno la nostra volontà.

Guardare al destino spassionatamente ci rafforza nella vita, non ci indebolisce mai.

Indeboliscono invece l'impazienza e l'ira.

Una lotta innaturale contro il destino, indebolisce sempre più la volontà.

Occorre tuttavia allargare i confini di ciò che si considera destino Dobbiamo, per esempio, dirci che anche il fatto di sviluppare ad una data età tali o tali altre forze, entra a far parte del destino.

Nell'educazione dei giovani vengono spesso commessi degli errori al riguardo.

Il karma bussa così anche al problema educativo, perché l'educazione è karma, karma dell'uomo nella sua gioventù.

Indeboliamo la volontà di un uomo costringendolo ad apprendere ed a fare, cose per cui le sue facoltà siano ancora inadeguate.

Per educare, bisogna rendersi conto di quello che corrisponde alle diverse età, in conformità al karma generale umano, così da fare ciò che conviene.

Gli errori in questo campo sono diretti contro il destino e le sue leggi, ed hanno per effetto un grande indebolimento della volontà.

Non è qui possibile esaminare come anche il risveglio prematuro delle passioni e degli istinti sessuali, s'accompagni ad un indebolimento della volontà.

Fare uso prematuro degli organi umani, è contro il destino.

Tutto quello che si dirige contro il karma dell'umanità, tutte le azioni dirette contro gli ordinamenti naturali, hanno per effetto l'infiacchimento della volontà.

Per il fatto che da lungo tempo non si siano più avuti retti principi educativi, molti oggi non hanno trascorso in modo giusto la loro giovinezza.

E se l'umanità non vorrà risolversi ad organizzare quello che è più importante, ossia l'educazione della gioventù secondo i principi della scienza dello Spirito (Steiner chiamava Scienza dello Spirito, la Scienza senz'acca. La Scienza con l'acca o "Scienzah" è invece quella che domina oggi e che non distingue uno sgabello da un martello - ndm), noi avremo una stirpe sempre più fiacca di volontà.

E tale fiacchezza non è un mero fatto esteriore, ma afferra la vita dell'uomo nel profondo.

Domandate ad un gran numero di persone in qual modo siano pervenute alla professione che esercitano, state pur certi che per lo più la risposta sarà questa: « Mah!.. non lo so neppur io; vi sono stato cacciato dentro».

Anche questo sentirsi sospinti verso le cose, questo non sentirsi soddisfatti, è segno di debolezza di volontà.

La debolezza di volontà ha ancora altre conseguenze per l'anima, specialmente se ha origine da stati di paura, ansia, angoscia, sofferti in gioventù.

Si renderà sempre più necessaria un'approfondita comprensione delle leggi superiori, se non si procederà conformemente alla conoscenza spirituale.

Con una concezione monistico-materialista, ci si può mantenere saldi di volontà per due generazioni soltanto.

Il materialismo non può soddisfare che due generazioni: in primo luogo quella che lo edifica, poi i discepoli immediati.

E' peculiare della concezione monistico-materialista che chi lavora in un laboratorio scientifico o in un'officina e getta le basi della concezione stessa, chi dedica tutte le forze a ciò che così edifica nella propria anima, sia interiormente soddisfatto. Ma a chi semplicemente accolga queste dottrine, a chi riceva il materialismo come una concezione già compiuta, esso non potrà dare intima soddisfazione, sicché il malcontento interiore reagirà sull'anima e fiaccherà il volere.

Indebolimento della volontà, esseri umani privi di energia, ecco la conseguenza della concezione materialistica!

 

Il secondo aspetto della vita sovrasensibile è costituito dalla sfera dei sentimenti.

Che cosa agisce favorevolmente su di essi? Sforzarsi quanto più è possibile di sviluppare un animo attento, rivolgere grande attenzione a quello che vive nel proprio ambiente.

E non dovete illudervi che tale attenzione sia molto frequente o molto viva tra gli uomini.

Voglio citarvi di nuovo questo caso.

Una volta, in un certo paese, furono modificati i programmi d'abilitazione all'insegnamento, così che anche i maestri anziani dovettero ripetere gli esami. L'esaminatore doveva dunque interrogare i maestri giovani ed anche quelli anziani. Poteva interrogare i giovani su quanto avevano studiato nella scuola magistrale, ma gli anziani? L'esaminatore stabilì di interrogarli unicamente su quegli argomenti che ciascuno di loro, anno per anno, aveva insegnato nella propria classe; ne risultò che molti, ma proprio molti, non sapevano niente circa le cose da loro stessi insegnate...

Questo essere attenti, questo seguire con vivace interesse quel che si svolge intorno, è tra le cose che più favorisce lo sviluppo, l'educazione del sentimento.

Ora, i sentimenti, come tutto quanto si svolge nell'anima, sono in certo modo anche connessi con la volontà, e se influenziamo dannosamente la vita emotiva, tale azione si estende indirettamente anche alla volontà.

Educhiamo invece rettamente la vita del sentire se, anche in rapporto alla vita dei sentimenti e delle passioni, ci poniamo sotto il segno del karma e ci facciamo guidare da esso.

L'occasione la troveremo subito intorno a noi. Se, per esempio, qualcuno fa l'opposto di quanto ci aspettavamo, possiamo limitarci a constatare semplicemente che egli ha agito in quel modo. Se invece ci irritiamo e montiamo in collera, diamo segno di debolezza di volontà. La collera, l'ira, danneggiano sentimento e volontà, e la loro azione si estende anche oltre, come vedremo.

Orbene, la collera è qualcosa che l'uomo a tutta prima non ha in proprio dominio e di cui può disfarsi solo poco a poco. Si tratta di un processo lento, e al riguardo occorre aver pazienza con se stessi. A chi credesse di potersi disabituare dall'ira così, da un momento all'altro, narrerò di quel maestro che si era preso a cuore, in modo speciale, di liberare i suoi alunni da questo difetto: un giorno, nonostante i suoi ripetuti sforzi, nel vedere un ragazzo adirarsi, fu preso egli stesso da tale rabbia da scaraventare un calamaio addosso allo scolaro. La persona, cui possa accadere un simile fatto, dovrebbe esercitarsi per settimane e settimane a meditare sul karma. Vedremo l'importanza di tutto ciò scendendo un po' più addentro nella vita dell'anima.

I due poli dell'anima sono da un lato la vita della volontà, dall'altro quella dei pensieri e delle rappresentazioni. La sfera del sentimento è in mezzo.

Sappiamo che la vita umana si alterna tra la veglia e il sonno, e che durante la veglia è particolarmente attiva la vita del pensiero e delle rappresentazioni; ma la volontà non è allora propriamente desta. Di ciò può rendersi conto chiunque porti attenzione al modo in cui si attua un impulso di volontà. Occorre avere un pensiero, una rappresentazione, e soltanto allora, dalle profondità dell'anima, sorge la volontà: è infatti il pensiero che suscita gli impulsi volitivi.

L'uomo desto non è desto nella volontà, è desto nel pensare. Ma la scienza occulta ci insegna che nel sonno la situazione è rovesciata: è la volontà che veglia ed è anzi molto attiva, mentre è inattivo il pensiero.

Nella condizione ordinaria l'uomo non può immediatamente rendersi conto di ciò, perché in tale condizione egli conosce unicamente per mezzo del pensare, il quale, nel comune sonno, dorme.

Perciò l'uomo non si avvede di quanto sia allora attiva la volontà ma, quando si eleva alla chiaroveggenza e perviene ad un mondo di rappresentazioni immaginative, egli ben s accorge che, nell'istante in cui si addormentano i pensieri, si desta la volontà. Nelle immagini allora percepite, penetra la volontà ed è questa che risveglia quelle: le immagini sono intessute di volontà. Nel sonno, dunque, il pensiero dorme e la volontà veglia.

Questa volontà desta, si trova però, con l'insieme dell'uomo, in tutt'altro rapporto che non il pensare.

A seconda che un uomo lavori o meno, che stia bene o sia infermo, che abbia sviluppato sopportazione oppure irascibilità, la sua volontà si ammala o permane sana e, a seconda che sia sana o indebolita, la volontà lavora di notte sulle nostre condizioni di vita, fin nello stesso corpo fisico.

Fa grande differenza se di giorno un uomo sviluppi sopportazione, accettazione del proprio destino, preparando la sua volontà così da poter dire che questa genera un piacevole calore, un senso di benessere, oppure si lasci dominare dall'ira. In quest'ultimo caso lo stato morboso della volontà si riversa di notte sul corpo e genera numerose malattie di cui comunemente non si trovano le cause, perché il male si manifesta solo anni od anche decenni più tardi. Solo chi abbracci ampi periodi dell'esistenza può vedere siffatta connessione tra stati animici e stati fisici.

Anche in vista di un risanamento corporeo, va dunque educata la volontà.

Nulla invece danneggia la vita del sentimento quanto l'indifferenza, la mancanza d'interesse per quanto ci sta intorno.

Questo rimaner chiusi alle cose, è un carattere che va sempre più diffondendosi e da esso dipende, in fondo, che così poche persone s'interessino di problemi spirituali.

Si può credere che vi siano delle ragioni oggettive per l'accoglimento di una concezione materialistica: invece, è l'assenza d'interesse la causa del materialismo.

Nessuno che abbia vivo interesse alle cose, può essere materialista. Si tratta di disattenzione nei riguardi di quanto ci circonda. Chi osservi con vivo interesse, vede da ogni parte sgorgare fatti unicamente conciliabili con la conoscenza spirituale. L'assenza d'interesse ha un'azione depressiva sul sentimento e conduce a debolezza di volontà. A tal riguardo ha poi speciale importanza l'ostinazione, l'irrigidirsi nell'una o nell'altra cosa.

Una vita del sentimento malsana, può anch'essa generare ostinazione.

Ma queste cose sono spesso come serpenti che si mordono la coda, e tutto quanto abbiamo visto prima, può a sua volta dipendere dall'ostinazione. Anche persone che ordinariamente si muovono disattente nella vita, possono essere testarde.

Si vedono, talvolta, persone di debolissima volontà, impuntarsi su una cosa quando meno ci sarebbe da aspettarselo, ma se non cercano di combattere questa ostinazione la loro volontà si indebolirà sempre più. Se invece si sforzeranno di reprimere l'ostinazione, s'accorgeranno come ogni sforzo si accompagni a un miglioramento dei sentimenti e a un rafforzamento della volontà. Ci accorgeremo sicuramente dei frutti, se procederemo sistematicamente contro questo difetto. Combattendo l'ostinazione diverremo persone serene.

Interesse e attenzione favoriscono dunque sentimento e volontà; ottusità e testardaggine, li danneggiano.

Per indicare una certa sana attitudine, possediamo un termine felice: ingegnosità.

Diciamo che una persona è ingegnosa quando le vengono in mente cose aventi contenuto.

Per educare questa facoltà, i fanciulli devono giocare in modo tale che sia messa in azione la loro fantasia, e l'attività della loro anima sia risvegliata, sicché pensino intorno ai loro giochi. Non devono, per esempio, disporre legni da costruzione secondo modelli prestabiliti; questo produce solo pedanteria, non ingegnosità. Bisogna invece far loro costruire ogni sorta di cose nella sabbia; condurli nel bosco e, lì, avviarli a far cestini con lappole e altri oggetti. Ciò che stimola una certa facoltà d'invenzione, educa l'ingegnosità. Non lo si crede, ma attraverso l'educazione dell'ingegnosità penetra nella vita pace interiore, armonia e soddisfazione. Se poi andiamo a passeggio con un bambino, faremo bene a lasciarlo libero di fare quello che vuole, a meno che non diventi addirittura sfrenato. E se fa qualcosa di buono, bisogna mostrargli la nostra approvazione, il nostro interesse, senza irritarci o mostrarci indifferenti nei confronti di ciò che egli trae dalla propria anima.

Nell'insegnamento bisogna partire dalle forme e dai processi della natura. Più tardi si dovrà evitare di occupare i fanciulli con enigmi o parole incrociate. Ai fini dell'educazione del sentimento, l'osservazione della natura offre l'opposto di ciò che presentano i giornali e che genera solo pedanteria. E, come ho già detto, dalla tranquillità, dall'armonia interiore, dipende non solo la salute dell'anima ma anche quella del corpo, sebbene intercorrano spesso lunghi intervalli tra cause ed effetto.

 

Ed ora veniamo alla terza parte della vita sovrasensibile, al pensare.

Quanto al pensare, noi lo educhiamo, lo rendiamo acuto, coltivando la dedizione nell'osservazione dei fatti e la penetrazione in essi. Non servono tanto gli esercizi logici quanto l'osservazione, il valersi dei processi della natura per penetrare nei suoi segreti.

Rendiamo acuto il pensare mediante dedizione ai problemi naturali ed umani, mediante il tentativo di comprendere le persone complicate, grazie ad un accrescimento dell'attenzione.

Dedizione, qui, significa il tentativo di risolvere gli enigmi con il pensare.

E allora si potrà vedere come simile dedizione abbia una favorevolissima influenza sulla vita.

Un caso tratto dalla realtà è questo: un fanciullo mostrava a sua madre singolari aspetti della sua facoltà d'osservazione, connessi ad una dedizione e ad una capacità di penetrazione straordinarie. Diceva: "Sai, quando vado per via e vedo persone e animali, è come se dovessi entrare in loro. Ho incontrato una povera donna e sono entrato in lei; mi faceva male, mi sentivo molto miserevole - nella propria casa questo ragazzo non aveva mai visto miseria; viveva in condizioni agiate - e poi sono entrato in un cavallo, poi in un maiale". Egli descriveva ogni cosa dettagliatamente, e questo penetrare con il sentimento dentro le cose, lo spronava a straordinaria compassione, a speciali atti di compassione.

Da che cosa proveniva una simile comprensione per gli altri esseri? Riflettendo sopra un caso come questo, si risale all'incarnazione precedente della persona in questione, e si scopre che essa aveva coltivato quella dedizione alle cose, ai segreti delle cose, di cui ho detto. 

Gli effetti della dedizione non si fanno però attendere fino alla vita successiva, ma si palesano già in questa.

Se nella prima gioventù siamo stati guidati a sviluppare tale facoltà, avremo più tardi un pensiero chiaro, trasparente, mentre in caso contrario, questo diverrà sconnesso e illogico.

I principi spirituali possono davvero portarci avanti nella vita.

Di principi educativi veramente spirituali, negli ultimi decenni ve ne furono ben pochi, anzi non ve ne furono quasi affatto

Di ciò sperimentiamo ora le conseguenze. 

Molti non sanno pensare in maniera retta.

Si può patire il martirio di fronte al modo terribilmente illogico con cui la gente pensa. 

Chi abbia conseguito una certa chiaroveggenza, non si limita a riconoscere che un pensiero è giusto e un altro no, ma davanti ad un pensiero illogico prova una vera sofferenza, così come prova benessere di fronte a un pensare chiaro e trasparente.

Tali sentimenti dimostrano che abbiamo conquistato una certa sensibilità nei riguardi del pensare, e tale sensibilità può benissimo servirci da guida. Essa conferisce, difatti, rispetto a ciò che è vero e falso, un discernimento molto più giusto di quello ordinario. Sembra incredibile, ma è proprio così.

Se un veggente ascolta qualcosa di errato, il dolore che sorge in lui gliene mostra l'illogicità, l'errore.

L'illogicità nel pensare è oggi grandemente diffusa, e mai lo fu come ai nostri tempi, in cui ci si vanta di pensare con logica.

Darò al riguardo un esempio forse un po' grossolano ma tipico.

Mi recavo una volta da Rostock a Berlino, quando, nel mio scompartimento, salirono due persone: un signore e una signora. Io sedevo in un angolo e mi limitavo ad osservare. Il signore cominciò presto a comportarsi in modo strano. Sotto altri aspetti era forse una persona educata, ma si sdraiava e dopo cinque minuti si tirava su, poi sospirava pietosamente.

Ritenendolo evidentemente ammalato, la signora fu presa da pietà, e presto si stabilì fra i due una conversazione. Lei disse di aver osservato che egli era sofferente, e di ben sapere quel che ciò significasse, perché era ammalata anche lei.

Aveva con sé un cestino con dentro tutto quanto le giovava. Disse: "Posso guarire da ogni male: ho un rimedio per ognuno.

Ma pensi quanto sono disgraziata! Vengo da una lontana regione della Russia, fin qui al mare, per rimettermi in salute e curarmi, e adesso che sto per arrivare, mi accorgo di aver dimenticato a casa un rimedio importante, e devo perciò subito tornare indietro: e così anche questa speranza di guarigione è stata vana". Poi il signore raccontò i suoi mali, per ognuno dei quali la signora suggerì una medicina che egli promise di prendere, e intanto se l'annotò (credo si trattasse di undici ricette diverse). Poi cominciò lei a enumerare ad uno ad uno i suoi mali, e allora fu lui a sapere tutto quanto serviva a curarli, e a suggerire per una infermità, una data cura, per un'altra infermità, un'altra ancora ecc. Anche lei si annotò tutto, deplorando solo che, arrivando a Berlino di domenica, avrebbe forse trovato le farmacie chiuse.

Queste due persone non rilevarono neanche per un momento la singolare contraddizione di sapere ognuna quello che poteva forse giovare all'altra, e di non sapersi guarire da loro stesse. Un tal fatto, un tale sguazzare in un oceano di sciocchezze, era possibile a due persone colte!

Simili cose vanno osservate, se dall'autoconoscenza si esige che essa generi qualcosa di fortemente sensato. Si deve esigere dall'autoconoscenza lo sviluppo di un pensare conseguente, e principalmente dedizione alle cose, penetrazione in esse.

Nell'anima, tutti questi fattori agiscono insieme.

Un pensare sconnesso, anche se a distanza di tempo, agisce in modo tale che l'uomo deve necessariamente finire per diventare malcontento di fronte a tutte le cose, musone, ipocondriaco. E, spesso, di tali condizioni non si sa dove cercare le cause. La scarsa cura della facoltà di aprirsi alle cose e penetrare in esse, rende gli uomini malcontenti, musoni e ipocondriaci.

Quello che è estremamente necessario nel pensare, in apparenza, non ha connessione col pensare. L'ostinazione e l'egoismo hanno un'azione distruttrice sul pensare. Tutte le qualità connesse con l'ostinazione e l'egoismo, come l'ambizione e la vanità, tutte queste qualità che in apparenza non hanno nulla a che fare con il pensare, lo rovinano e agiscono inoltre sfavorevolmente sull'amore.

Perciò dobbiamo cercare di combattere l'ostinazione e l'egoismo, e sviluppare una certa abnegazione, un certo stato d'animo di dedizione di fronte alle cose.

L'egoismo in realtà si castiga da sé, in quanto l'egoista diviene sempre più malcontento e sempre più si lamenta di non avere quanto gli spetta.

Se qualcuno avverte questo stato d'animo in sé, deve porsi sotto il segno del karma, e quando è malcontento domandarsi: "Quale egoismo mi ha procurato questa insoddisfazione?".

 

Si può dunque mostrare come l'uomo possa plasmare o anche danneggiare le tre parti della sua vita animica, e questo è di straordinaria importanza.

 

Questo infatti ci mostra come la scienza dello Spirito abbia un'azione molto profonda sulla vita, perché l'osservazione dei principi spirituali può renderci capaci di autoeducazione. E questo è d'importanza immensa, di un'importanza che andrà sempre aumentando, poiché sono trascorsi i tempi dell'evoluzione umana in cui gli uomini venivano guidati dagli dèi, dai mondi superiori.

 

Gli uomini dovranno sempre più fare da loro stessi, senza essere guidati e condotti. L'uomo arriverà ad una comprensione più profonda di ciò che i Maestri insegnarono come via elevativa verso il Cristo (che in questo stesso secolo comparirà in figura eterica sul piano astrale), solo con il darsi sempre più da sé i propri impulsi.

 

Come ieri ho mostrato, gli uomini devono, poco a poco, sforzarsi di salire verso il Cristo; devono, gradualmente e in libertà, perfezionare il loro pensiero, i loro sentimenti e gli impulsi della loro volontà ma ciò può essere realizzato unicamente mediante l'osservazione e il dominio di sé stessi.

Così come ai tempi dell'antica chiaroveggenza gli impulsi venivano dati all'uomo dagli dèi, allo stesso modo, più tardi, con la nuova chiaroveggenza, l'uomo dovrà stabilire da sé la propria via. E la scienza dello Spirito compare ai nostri tempi precisamente perché l'umanità impari a sviluppare le proprie qualità animiche nel giusto modo. Coltivando tali qualità, l'uomo va incontro a ciò che l'avvenire dovrà apportare. Solo così si potrà comprendere quel che un giorno dovrà verificarsi, cioè che gli uomini intelligenti ma privi di moralità, saranno reietti e messi nell'impossibilità di nuocere.

Le qualità di cui ho detto sono importanti per ogni uomo, ma lo sono soprattutto per quelli che vogliono sforzarsi di conseguire, presto ed integralmente, le qualità sempre più indispensabili all'umanità.

Le guide dell'uomo si sforzano perciò in modo tutto particolare di compiere su sé stesse tale evoluzione, poiché solo mediante qualità somme è possibile conseguire grandi cose. Questa evoluzione viene percorsa in modo esemplare ed elevatissima da quell'individualità che, ascesa al grado di bodhisattva quando il bodhisattva precedente, Gautama, divenne Buddha, si incarna da allora quasi ogni cento anni, e che cento anni circa prima del Cristo, visse quale Jeshu ben Pandira, annunciatore del Cristo.

Per ascendere al grado di Buddha, gli occorreranno cinquemila anni, allora egli sarà il Buddha Maitreya e sarà un portatore di bene (come possono vedere quelli che hanno sufficiente chiaroveggenza), precisamente per il fatto che, attraverso una severissima auto-educazione, egli giungerà ad evolvere, in altissima misura, qualità generatrici di forze morali magiche. Così egli, attraverso la parola stessa, sarà in grado di riversare nelle anime sentimenti e moralità.

Oggi, sul piano fisico, non possiamo foggiare parole capaci di tanto. Neppure il Buddha Maitreya potrebbe, al presente, foggiare tali magiche parole. Attraverso la parola, attualmente si può solo trasmettere il pensiero.

E come si prepara questa individualità? Si prepara principalmente evolvendo il massimo grado delle qualità che possono dirsi buone. Il bodhisattva evolve in altissimo grado ciò che possiamo chiamare sopportazione nei confronti del destino, attenzione a tutto quel che si svolge intorno a lui, dedizione a tutti gli esseri e penetrazione in essi.

Sebbene occorrano ancora molte vite al futuro Buddha egli si dedica principalmente a volgere la sua attenzione a quel che accade, e ciò che egli fa non è ancora molto, perché si dedica interamente a preparare la sua futura missione. Vi si prepara in virtù di una speciale legge che esiste per lui. Comprenderemo questa legge ricordandoci come, ad un certo momento, possa verificarsi un mutamento totale nella vita dell'anima. Il culmine di questi mutamenti è quello che si verificò al momento del battesimo del Giordano: allora, nel trentesimo anno della vita di Gesù, il suo io abbandonò la sua carne e in essa penetrò un io diverso, l'io del Cristo, il Reggente del Sole.

Il futuro Maitreya Buddha ripeterà un'analoga trasformazione: in tutt'altro modo, egli la ripete in tutte le sue incarnazioni

Il Bodhisattva ripete la vita del Cristo, e gli Iniziati sanno che in ogni incarnazione egli presenta caratteristiche del tutto speciali, cioè osservano come, tra il trentesimo e il trentatreesimo anno della sua vita, abbia luogo un mutamento importante. Sebbene non in forma così poderosa come nel Cristo, la sua anima è trasformata: l'io che fino ad allora aveva vivificato il suo corpo, si allontana da quel che era stato, sebbene non avvenga in lui come nel Cristo, in cui l'io precedente si allontanò per essere sostituito da un altro.

Questo è ciò che tutti gli occultisti segnalano: non si può riconoscere il bodhisattva prima di quel momento, prima di quella trasformazione! Fino ad allora, benché egli sia aperto a tutte le cose con l'interesse più vivo, la sua particolare missione non si rivela, e nessuno può dire quel che egli diverrà in seguito.

La sua prima giovinezza è sempre del tutto diversa da ciò in cui egli si trasforma tra il trentesimo e il trentatreesimo anno.

Così egli si prepara a un grande evento: il vecchio io lo abbandona e un altro io penetra in lui. Può trattarsi di un'individualità come Mosè, o Abramo, o Elia. Questa si manifesta per qualche tempo nel suo corpo. In questo modo può accadere quel che deve accadere per la preparazione del Buddha Maitreya. Il resto della sua vita egli la trascorre con l'io che è penetrato in lui. Si verifica dunque un mutamento completo.

Può tuttavia accadere quel che è necessario per il riconoscimento del Bodhisattva e allora si sa che quando, fra tremila anni, egli comparirà e sarà innalzato alla dignità di Buddha Maitreya, il suo io rimarrà, sì, in lui, ma interiormente sarà compenetrato da un'altra individualità e ciò accadrà precisamente verso il trentatreesimo anno di vita, l'età in cui per il Cristo si compì il Mistero del Golgotha. Egli comparirà allora come il Maestro del bene, come un grande Maestro che preparerà la giusta dottrina e la vera saggezza del Cristo in maniera completamente diversa da quanto sia oggi possibile.

 

La scienza dello Spirito deve preparare ciò che un giorno si compirà sulla nostra Terra. Ai nostri tempi può accadere che qualcuno adotti l'opinione di coltivare le qualità dannose per il sentimento, che si chiuda a quello che lo circonda ecc., ciò comporterà un rilassamento del sentire, della vita interiore dell'anima. Chi si adoperasse in questo modo (il POPOLO odierno, compromesso con la kultura di Stato, il diritto di Stato e con l'economia di Stato, per esempio - ndm)non potrebbe più assolvere il proprio compito di fronte alla vita.

Chiunque sia in grado di procurarsi cognizioni delle cose future, deve pertanto considerare tale possibilità come una grazia. Chi oggi abbia modo di dedicarsi alla conoscenza spirituale, fruisce di una grazia del karma.

Conoscere queste cose, significa porre nella propria anima le basi della sicurezza, della dedizione e della pace, significa conseguire la quiete dell'anima e guardare con fiducia e speranza a quanto si prepara nei prossimi millenni dell'evoluzione umana.

Coloro che vengono a conoscenza di queste cose, devono sentire che il saperle è una fortuna speciale, qualcosa che stimola le più alte forze umane: è come una fiamma capace di riaccendere ciò che nelle loro anime sembrava spegnersi e avviarsi al decadimento.

Entusiasmo e calore diverranno anche salute e felicità nella vita esterna.

Chi prenda conoscenza di queste cose con serietà, chi nei loro confronti possa sviluppare la necessaria dedizione, potrà ben vedere quanta felicità e armonia interiore si produrranno in lui.

E se qualcuno, nella nostra Società (Steiner intendeva qui la cosiddetta Società Antroposofica, oggi divenuta purtroppo mafia parastatale, cioè parificata al diritto di Stato, che è mafia in quanto capovolgimento dello Stato di diritto, che è stato appunto distrutto dalla mafia intellettuale - ndm), trovasse che in lui tutto questo non si è ancora verificato, dovrebbe dire a se stesso: "Non è forse colpa mia se non ho ancora avvertito questi risultati? A me spetta approfondire i segreti di cui oggi si può parlare. A me, come uomo, spetta sentirmi anello di una catena che deve estendersi dal principio dell'evoluzione alla sua fine; una catena, cui appartengono come anelli tra gli uomini, le Individualità, i bodhisattva, i Buddha (espressione dell'io - ndm), il Cristo (espressione dell'io-sono . ndm)

Devo dire: essere un anello di quella catena, mi dà coscienza della mia vera dignità umana. Questo io devo intuire, questo devo sentire!