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Qui si esplora l'amore come sostanza del desiderio resa universale e il desiderio come sostanza dell'amore resa particolare o individuale, quindi narcisistica o cattiva, egoistica. In questa sezione, si cerca di approfondire il significato profondo di queste idee e come esse influenzano la vita quotidiana.

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AMORE

Poiché oggi, 2024, è diventato normale parlare d'amore bombardando la Palestina, Paese di Gesù, detto il Cristo, vorrei mettere alcuni punti sulle "i" della parolina "io", che quasi tutti pronunciamo senza esserne coscienti.

L’amore è la sostanza del desiderio resa universale. Il desiderio è invece la sostanza dell’amore resa particolare o individuale, quindi narcisistica o cattiva, egoistica.

Il sedicente “amore universale” è quasi sempre amore di sé o desiderio egoistico, che soddisfa l'essere umano animale.

L'essere umano reale non è però animale: è ominale. La parola ebraica ADAM, אדם, giustamente intesa da Antoine Fabre D'Olivet (1767-1825) è REGNO OMINALE. Ecco il senso proprio della parola אדם. (D'Olivet, "La lingua ebraica restituita"

 

Ogni ominale, oltre ad essere un soggetto pensante, è anche un soggetto che sente e che vuole.

Gli epistemologi del sentimento e quelli della volontà non si limitano a pensare, sentire e agire, come tutti, bensì si sforzano di PENSARE il sentire e il volere. Sono pertanto alle prese, non tanto col sentimento e con la volontà, quanto piuttosto con il CONTENUTO CONCETTUALE di sentimento e con il CONTENUTO CONCETTUALE di volontà.

Se si possono pensare il sentire e il volere, si dovrebbe allora poter sentire e volere il pensare. Cioè: oltre a sentire e volere le cose, si dovrebbe poter sentire e volere concetti e idee.

Questa facoltà di sentire e volere i concetti e le idee non può esistere universalmente, dato che solo l'uomo ominale ci riesce.

L'uomo animale non ci riesce.

Perciò sono necessarie le leggi. Perché le idee non sentite, e perciò non liberamente volute, necessitano di essere imposte. Per esempio la legge di non uccidere il partner o di non desiderarne un altro. Del resto il “dover-essere” è un essere non-amato in quanto sconosciuto; ed è sconosciuto perché non-amato ed anche non-voluto in quanto, appunto, non-amato e sconosciuto.

Solo una viva o diretta CONOSCENZA dello spirito, vale a dire: dell'io, può trasformare il “dover-essere” in un “voler-essere”. In assenza di questa CONOSCENZA, il vuoto del pensare è colmato dalla legge e il vuoto del sentire dalla paura: “Da Mosè fu data la legge: da Gesù Cristo invece è stata fatta la grazia e la verità”.

Ma la “grazia” cos'è? È la facoltà di FARE il BENE in virtù della PROPRIA attività interiore (detta anima) e NON in virtù della legge: cioè, la facoltà di ESSERE buoni e NON SOLO di fare del bene. Questa è dunque la via per la quale la "libertà da" (libertà “negativa”) può trasformarsi nella "libertà per" (libertà "positiva").

"La legge infatti produce l'ira; dove non vi è legge, non vi è neppure violazione" (Romani 4,15). Questa affermazione di Paolo di Tarso non è esortazione all'anarchia, ma sillogistico paradosso, consistente nel postulare che in assenza della legge non può verificarsi trasgressione, e quindi neppure il castigo, né l'ira conseguente. La semplicità paradossale di questa affermazione mira a dimostrare la possibilità della libertà umana di scegliere, ancor prima che la legge ad essa lo imponga, il proprio destino nella fedeltà (pistis). La legge, e la trasgressione da essa implicitamente provocata, mostrano all'uomo un limite, la cui consapevolezza dovrebbe muovere il giudice e il giudicato verso quella compassione che è l'unico correttivo al male comune. Quando invece è il logismo ad improntare la legge, sia nel momento formativo che in quello esecutivo, la legge finisce con l'imporsi autoritativo dell'ovvio ma spietato giudizio, senz'altro dimostrabile, contro l'indifesa e invisibile essenza umana, ma senz'altro proveniente dalla cintola in giù, (secondo logiche indiziarie che intimano l'alt con la paletta dei carabinieri o delle netiquettes) non dalla cintola in su. Ed, anzi, la fedeltà alla più intima essenza umana - che non appartiene al mondo, ma al ben più vasto dominio che consente all'uomo di pensare, sentire e volere oltre la natura stessa - è allora tradita, comprata dal soldo del mondo dove la REGOLA della quantità ha buon gioco sulla incommensurabile qualità.

Quando un’idea comincia a vivere di vita propria in me o in te (o a splendere, come gli astri, di luce propria) non ha più bisogno di qualcuno che la imponga. È l’io stesso, anzi, a porla; ma l’idea posta dall’io è LIBERTÀ, cioè forma in cui l’io stesso riversa la propria forza.

Ecco perché le idee sono RECIPIENTID'AMORE (anticamente Maria Madre era infatti Sophia, che significa Sapienza ed era detta "Vaso onorabile", "Vaso insigne di devozione", vaso di sapienza, ecc. ).

Pertanto è per me evidente che solo l'uomo OMINALE riesce a mettersi "di fronte all'idea in modo vivente; altrimenti si diventa schiavi di essa" (R. Steiner, "La filosofia della Libertà", "Prefazione alla prima edizione, 1894, posta dall'autore come seconda appendice alla seconda edizione, 1918", capoverso 13°).

Se poi si vuole conoscere il "mistero" dell'amore nel testo de "La filosofia della Libertà", si vada al 1° capitolo intitolato "L'azione umana cosciente" della sezione "La scienza della libertà", di cui riporto qui il seguente breve stralcio.

"La via del cuore passa per la testa. A ciò non fa eccezione neppure l'amore. Quando non è la semplice estrinsecazione dell'istinto sessuale, esso riposa sulle rappresentazioni che ci facciamo dell'essere amato. E quanto più idealistiche sono queste rappresentazioni, tanto più beatificante è l'amore. Anche qui il pensare è padre del sentimento. Si dice che l'amore rende ciechi per le debolezze dell'essere amato. Si potrebbe guardare la cosa anche al rovescio, e dire che l'amore apre gli occhi per i suoi meriti. Molti passano distrattamente accanto a quei meriti, senza rilevarli. Uno li vede, e appunto per questo si desta l'amore nella sua anima. Che altro ha egli fatto, se non crearsi di una cosa una rappresentazione che cento altri non hanno? Essi non hanno l'amore perché manca loro la RAPPRESENTAZIONE".