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Fisica: La confutazione della teoria della relatività di Albert Einstein

La pagina BANG di Marameo affronta il tema della fisica in modo innovativo, mettendo in discussione la teoria della relatività di Albert Einstein. Scopriamo insieme le nuove prospettive che questa sfida alla scienza contemporanea può portare!

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NON CI VUOLE EINSTEIN PER CAPIRLO

 

Nel 1984 il fisico matematico del CNR Roberto Monti scrisse una critica alla doppia relatività di Einstein, che ne dimostrava a piene mani la fallacia fin dalle prime argomentazioni qui riportate. Perfino nel titolo “UN ESPERIMENTO DI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA” intendeva far capire ironicamente che si trattava dell’esperimento divulgativo per gonzi, dato che la divulgazione scientifica della fisica, disastrata da quasi un secolo di relatività, trattò e tratta sostanzialmente SEMPRE E SOLTANTO DI QUEL MEDESIMO ESPERIMENTO DI “FISICA MA NON DI FISICA” che caratterizza OGNI scientismo einsteiniano. Roberto Monti fu uno dei pochi in Italia a parlar chiaro, dimostrando delle due l’una: o Einstein fu un malato mentale oppure mentiva sapendo di mentire. Nel volume “Scritti di critica alla Teoria della Relatività (1984-1987)”, pubblicato dalla casa editrice Andromeda, da lui fondata, si parla infatti di questo argomento, che nessuno, a quanto pare, sembra ancora disposto ad affrontare seriamente per APPRENDERE. Eppure l’argomento è trattato anche per lettori non laureati in fisica o per l’uomo della strada e forse è il caso di dire che il motivo di questa riluttanza a comprendere è che NON CI VUOLE DAVVERO EINSTEIN PER CAPIRE.

Nella documentazione presentata è possibile rendersi conto dell’ostracismo e della “guerra” che i GUARDIANI DELL’ORTODOSSIA SCIENTIFICA hanno scatenato contro di lui. “Mi ricordo come fosse ora – scrive l’Editore - le giornate trascorse assieme a preparare gli articoli da pubblicare, le ore ed ore di discussioni accanite sul modo migliore di “fare breccia” nell’ortodossia, i confronti fatti sia attraverso la corrispondenza che “de visu” con altri ricercatori eretici. Perché la mia casa, in via Allende 1 a Bologna, divenne in quegli anni il luogo di incontro e di discussione dei ricercatori di frontiera di mezzo mondo su numerosi paradigmi scientifici della nostra epoca. Da Roberto Monti a Ignazio Licata, Stefan Marinov, Maurizio Manca, E. W. Silvertooth, L. Kostro, Vigier, W. A. Rodrigues jr, H. Aspden, Umberto Barrocci, Renzo Boscoli, Giuseppe Arcidiacono, Joseph Hasselberger, M. Mamone Capria, P. T. Pappas, J. P. Wesley, Giuseppe Antoni, P. Tewari, Omero Speri, P. E. Amico Roxas, G. Spavieri e tantissimi altri ancora. Paradigmi scientifici messi in discussione, dalla Relatività einsteiniana alla Fusione Fredda ai principali DOGMI della Medicina Convenzionale. In quella casa furono ideati e organizzati i Convegni internazionali “Galileo back in Italy (1990), “Quale fisica per il 2000 (1992)”, “Galileo back in Italy II (2000)”, oltre che ben 6 Convegni su Medicina alternativa, Aids e VACCINAZIONI con decine e decine di relatori, tra il 1990 ed il 2000. Tutti Convegni i cui Atti sono stati pubblicati da Andromeda. Discussioni senza fine, tirando mattina, e poi i Comunicati stampa, I CONTATTI CON I “POLITICI”, i giornalisti, quelli che “non parlo, non scrivo, non vedo e non sento”, tranne rarissime eccezioni. UN ‘AVVENTURA DURATA OLTRE VENTI ANNI, IN CUI SONO STATI MESSI IN DISCUSSIONE ALCUNI FONDAMENTI DELLA FISICA E DELLA MEDICINA. 

Ciò premesso, l’esperimento di divulgazione scientifica che avrebbe dovuto esserci ma che non è mai avvenuto, pur essendo stato creduto normale esperimento di verifica, è appunto quello delle DUE relatività einsteiniane, ovvero una relatività speciale ed una relatività generale.

Già questa cosa avrebbe dovuto far riflettere i nostri nonni e bisnonni. Che senso aveva differenziare in “speciale” ed in “generale” una formula o un concetto, o un ‘idea?

La formula dell’area del triangolo è “Base per Altezza fratto Due” o “BxA/2”. Ma che senso avrebbe parlare di “BxA/2 speciale” e di “BxA/2 generale”, o del concetto speciale di mela e di un concetto generale di mela? Certamente una mela può essere anche speciale. Una formula, però, è come una zappa, cioè uno strumento e funziona oppure non funziona. Che bisogno ho di distinguerla in speciale e generale? Eppure oggi, se si parla con un fisico di relatività einsteiniana senza precisare se si parla di relatività speciale (o ristretta) o di relatività generale, si è subito inquadrati come ignoranti in materia. E si indignano pure: “Come!? Non sai nemmeno che le relatività sono due?”.

Con ciò, l’uomo della strada è già posto di fronte ad un sapere tanto settario quanto banale, in cui vige il trasformismo concettuale da ogni parte. Insomma, in tale sapere, il contenuto stesso dei concetti non risulta più univoco ma biunivoco o “tri-univoco”, o “multi-univoco”, dunque NON UNIVERSALE MA “MULTI-VERSALE”. Insomma basta avere il diploma o la laurea di Stato e puoi de-pensare alla grande. Sottolineo che per i miei titoli di Stato sarei un maestro di scuola elementare ma io sono davvero convinto di essere un genio di fronte ai fisici sfornati dallo Stato con lo stampino. Ci vuol poco: Orwell parlava di “bi-pensiero” o di “bis-pensiero” della “neolingua” del futuro e aveva ragione. 

Entrando con Einstein nella doppiezza dei concetti, tutto diventa tanto complicato quanto banale. La gnoseologia è però altra cosa. A buon ragione dunque l’einsteinismo è lasciato da parte dall’uomo della strada, così come è lasciata da parte l’economia, proprio quando il bi-pensiero la sdoppia, in modo che essa non è più quella della massaia ma è l’”econòmia” dell’economista di Stato, tutt’altro che economo (si veda a questo proposito in questo sito “Economia omerica e palle verdi” https://gratis-4733139.webadorsite.com/economia-omerica-vs-palle-verdi)

Tutto il mondo oggi sa che, secondo Einstein, non si può superare la velocità della luce o la velocità LUMINALE. Questo “sapere” non è preso molto sul serio, e ciò avviene non solo a causa degli scrittori di fantascienza che infrangono le regole, ma anche perché è ormai un’ABITUDINE sentire nuove divulgazioni scientifiche di velocità dette “SUPERLUMINALI” in quanto superiori alla presunta velocità della luce, immediatamente e pedissequamente smentite dalla sedicente comunità scientifica e dai relativi galoppini einsteiniani che ogni volta – a causa del superamento – si stracciano le vesti come Caifa, contro… gli eretici, cioè contro coloro che si sono permessi l’audacia di dire l’inaudito, e cioè di pensare. 

Certamente, distinguere le cose comporta discernimento. Questo è un bene se si vuole capire la vita. Se però il distinguere diventa un credere a questa o quella teoria, ciò diventa allora anche un pre-giudizio e quindi non è più un distinguere ma un confondere ed un confondersi per uniformarsi là, dove tutta la lingua è cambiata, come del resto avviene nelle sette, nelle cosche, nei partiti e nelle “catechesi scientifiche” con tanto di “Comitato Tecnico Scientificoi”, che assume l’incarico di paladino del contribuente come avviene nei marciapiedi tra il “protettore” e la “prostituta”. In questo contesto “scientifico” ci si esprime secondo dogmi: questo va distinto, questo no, perché qui abbiamo già la nostra pre-comprensione “scientificamente” fondata. Insomma in questo mondo di uomini-animali, l’intuizione diventa l’eresia che i GUARDIANI DEL L’ORTODOSSIA SCIENTIFICA devono poi controllare. 

Ecco perché la “guerra santa” tra velocità luminali dei santi scienziati di Stato e osservazioni superluminali degli eretici durerà ancora molto tempo se non si tornerà a distinguere la luce immateriale dalla “luce materiale”, cioè l’antica “lux” dal l’antico “lumen”, dato che l’oggetto della misurazione della luce materiale non è altro che il MEZZO in cui il fenomeno del lumen si manifesta. Sentire periodicamente parlare di velocità superluminali immediatamente smentite dai GUARDIANI DEL L’ORTODOSSIA, è ormai un’abitudine ed il bailamme diventa perciò funzionale al  cosiddetto subconscio collettivo, così come avviene del resto per altri “saperi”,  ad es.:  buco dell’ozono, buco nero, buco bianco,  “riscaldamento globale causato dall’uomo” o per altre “dottrine”, “mistiche”, “discipline” e così via.

Basterebbe leggere anche un solo retrocopertina dei libri di Roberto Monti per informarsi circa l’esperimento-mai-sperimentato-MA-creduto-come-valido in tutto il mondo: “Esiste una evidente coerenza e continuità dei risultati NON NULLI degli Esperimenti Interferometrici che dimostra l’inconsistenza sperimentale della Teoria della Relatività. I giroscopi ottici confutano ogni giorno la Teoria della Relatività speciale. L’intera Teoria della Relatività, sia Speciale che Generale e le sue implicazioni cosmologiche: il Big Bang e l’Espansione del l’Universo, sono pura fantasia. La Relatività ha dimostrato di essere la più colossale truffa Scientifica della Scienza Moderna” (Retrocopertina di R. Monti, “Il vero Einstein 2007”, Ed. Andromeda, Roma 2018).

Affermando che gli Esperimenti Interferometrici avessero dato risultato nullo e che i tempi di andata e ritorno di un segnale ottico sono uguali PER DEFINIZIONE, Einstein disse due bugie: prima bugia: l’esperimento di Michelson-Morley NON HA MAI DATO RISULTATO NULLO. SECONDA bugia: i tempi di andata e ritorno di un segnale ottico NON SONO UGUALI PER DEFINIZIONE, DATO CHE LA LORO DIFFERENZA È DIMOSTRATA DAL L’ESISTENZA DEI GIROSCOPI OTTICI PRESENTI IN QUALSIASI SMARTPHONE E QUANT’ALTRO.

Pertanto è ora di gettare alle ortiche l’intera Teoria Einsteiniana e già che ci siamo anche il cervello del suo ideatore, attualmente conservato in formalina come la reliquia di un Dottor Azzeccagarbugli santificato dalla masnada dei nuovi credenti, sedicente scientifica.

Tutta la teoria relativistica non ha capo né coda. Il capo dell’einsteinismo è bacato da quelle due menzogne. La coda dell’einsteinismo, detta Big Bang, è altrettanto bacata. E ciò è dimostrato dall’empiria di dati, confermati dall’odierna tecnologia astrofisica non solo da Halton Arp (Halton Arp, “Seeing Red. L’Universo non si espande”, Jaca Book) ma anche da moltissimi altri astronomi del calibro di Pasquale Galianni, Alberto Bolognesi, Eleanor Margaret Burbidge, Geoffrey Burbidge e dalla generazione di studenti o studiosi che lavorarono e studiarono presso costoro, nonché dalle future generazioni di coloro che avranno il coraggio di non essere fideisti, e perfino da Margherita Hack, le cui esternazioni del 2013 nel libro “Il perché non lo so” (Sperling & Kupfer), dopo sessant’anni di articoli, libri e conferenze a sostegno del Big Bang, mostrano il Big Bang come una cialtroneria, dato che in quel suo ultimo scritto l’autrice consegna sé stessa ad un universo “che sempre è esistito e sempre esisterà”.

Oggi la kultura di Stato predica ancora quella Fisica e quell’Astrofisica della menzogna senza avvedersi che non hanno capo, né coda. L’olografia, secondo la quale tutto sarebbe contenuto in un unico punto e in un unico istante, e che da questo sarebbero “proiettate” percezioni (cioè astrazioni) nelle coscienze, è la più grande illusione della fisica teorica. Perciò in questo tipo di Fisica non è possibile alcun cambiamento. Che la fisica teorica sia oggi astrattamente adattata agli esperimenti sulla materia oscura o sul l’energia oscura o su un virus oscuro è solo il risultato di una fede in un dio della menzogna.

In base alla contraddittorietà dei fisici meramente teorici e della maggior parte degli scienziati odierni non potrà esserci cambiamento se non attraverso una catastrofe: in quanto sono proprio loro a preparane le condizioni in tutti i campi (culturale, giuridico ed economico).

Il cambiamento per lo sviluppo reale della scienza presume che si riparta da Goethe. Altri cambiamenti non potranno esserci, se non in peggio, proprio perché la fisica teorica non è correggibile. È “mestierantismo”, per di più politico. Faccio un esempio per chiarire: se per eseguire un difficile passaggio al pianoforte continuo ad eseguirlo pur constatando ogni volta di sbagliare, è assurdo sperare di riuscirci continuando a provare senza operare su me stesso, cioè sulla mia diteggiatura. Invece non è assurdo il contrario: tornare appunto indietro fino alla diteggiatura di quel passaggio fino ad avvertire il punto dell’errore da correggere. Solo così allora è sperabile che il brano possa essere correttamente eseguito. Non vedo altra soluzione. Giocare con le parole potrà ancora favorire l’einsteinismo ma ciò è appunto quello che sta già avvenendo nelle università, e ciò che sta avvenendo è solo la valorizzazione del pensiero dialettico incatenato alla materia, cioè degenerato, dato che il pensare umano è immateriale e pre-dialettico. Quindi, ripeto, per il cambiamento non vi sono altre vie che cambiare. Non ci vuole Einstein per capirlo.

Tutta la teoria della relatività di Einstein è una congettura come quella paradossale di Zenone. Il paradosso di Zenone sulla dicotomia all’infinito afferma che per attraversare una stanza bisogna prima raggiungerne la metà ma che per arrivarci bisogna prima coprire un quarto della distanza, e così via… e così via in un numero infinito di distanze decrescenti. In base a questa logica l’uomo non potrebbe mai muovere neanche il primo passo, dato che ci sarà sempre la metà di un quantitativo o di quanto o di numero. Zenone avrebbe così dimostrato che il movimento è impossibile. Ma tutto ciò è solo logica astratta, non logica di realtà, dato che in realtà tutti sanno benissimo attraversare una stanza e che quindi non è impossibile. Invece Einstein trova sensato affermare che una velocità finita è infinita: “Nella nostra teoria […] la velocità della luce gioca fisicamente il ruolo di una velocità infinita” (A. Einstein, Ann. Phys. 17, 891, 1905). Egli perciò, riproducendo nella sua fisica teorica il paradosso di Zenone, o knabenphysik (letteralmente: fisica da ragazzini) regredisce in una sorta di mediocrità omologata al sofismo di 2300 anni fa, bloccandosi in una strada a spirale infinita e oscura, e tuttavia spacciata nelle sue formule matematiche, come finita e quindi in contraddizione perfino col suo mentore Zenone d’Elea.

La buona strada della Fisica fu irrazionalmente (ma bisognerebbe dire “politicamente”) abbandonata all’inizio del 1900. Occuparsi della cosiddetta velocità della luce significava infatti avere a che fare con le proprietà elettriche e quelle magnetiche del mezzo (l’Etere) in cui il fenomeno luce appariva (e appare) ma che Einstein, per far quadrare meglio i suoi conti, dichiarò superflue: “l’introduzione di un etere luminoso si rivela superflua” (A. Einstein, “Zur Elektrodynamik bewegter körper”, giugno 1905, in “Annalen der Physik”, pp. 891-921; e in italiano in “Cinquant’anni di Relatività”, Giuntine Sansoni, Firenze, 1955, pp. 479-504).

L’eliminazione einsteiniana dell’Etere comportò per la Fisica un’enorme serie di problemi, i quali costrinsero poi a congetturare ulteriori teorie sempre più astruse e complicate come lo spazio-tempo per esempio, per far fronte alla logica di realtà, dato che ci muoviamo tutti entro uno spazio ed entro un tempo che sono due concrete realtà immateriali e non un’unica convenzione di misura priva di connessioni con la vita reale sperimentabile da tutti. Se infatti lo spazio-tempo fosse materia misurabile non potrebbe esistere lo spazio interno di un sasso né il tempo di un’intuizione, ma solo spazio vuoto e tempo controvertibile, per cui potremmo tutti attraversare i muri come i super eroi dei fumetti. Questa possibilità ipotetica è insensata.

Fonte : “Confutazione della relatività...” in Nereo Villa “APORIE. Pensieri oltre l’elzeviro”, capitolo 6°.

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