Pi Greco e Femminismo. Un'ipotesi.
Benvenuti nella sezione dedicata all'ipotesi riguardante il rapporto tra Pi Greco e il Femminismo. In questo spazio, esploreremo l'equilibrio tra il maschile e il femminile nell'individualità umana, e come questo concetto si collega alla tri-articolazione sociale.
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Scopri di più sul legame tra Pi Greco, Femminismo e tri-articolazione sociale. Insieme possiamo costruire un futuro più consapevole e positivo.
A me pare (almeno come ipotesi) che il valore del pi greco
nell'individualità umana, liberata dalla specie,
sia qualcosa di simile al rapporto tra femminino e mascolino,
entro il Sé, io universale (Nereo)
Scrive - a proposito del femminismo - l'artista e studiosa Nina Camelia, figlia d'arte e di scienza (suo papà fu professore di matematica innamorato della chitarra), con la quale ho spesso collaborato in musica:
"(Quello del femminismo) È un discorso complesso che purtroppo non raccoglie consensi perché alla gente devi dare Temptation Island per convincerla che l'amore è quando lui o lei non c'è e tu vai in crisi d'astinenza e se non c'è crisi di astinenza vuol dire che non sei innamorato. Insomma è veicolato un concetto di amore assolutamente tossico e poi ci si lamenta dei femminicidi" (email personale).
E ancora (in FB):
"Io non sono femminista ma il fatto che la lotta al patriarcato sia una grande boiata non significa che il problema della conquista di una dignità sociale della donna non sia ancora urgente.
Dunque, vediamo di capire.
Secondo l'ideologia comunista e progressista, emancipazione della donna vuol dire liberazione dal peso dell'accudimento della prole, per dedicarsi a sé stessa e al lavoro (ovvero contribuire all'aumento della produzione di cui anche la donna è diventata un fondamentale ingranaggio, dal primo momento in cui ha visto tradursi in realtà quella "grande conquista" che fu l'integrazione delle donne nelle fabbriche) che, tradotto in popolese spicciolo, significa affrancamento dal ruolo biologico della maternità, distruzione dell'unico vincolo che limita e rallenta la prestazione lavorativa ovvero l'utilizzo di una nuova figura umana per il raggiungimento di un obiettivo economico che arricchisce i ricchi e depaupera i poveri: se togli le madri dalle case, annichilisci il nucleo formativo ed educativo della famiglia che, volente o nolente, e nonostante la cultura woke, continua ad essere l'unico strumento eticamente inoppugnabile per fare figli e per costruire le società.
In pratica, la donna emancipata è un uomo.
Quanto sarebbe diverso e sano se, invece, l'emancipazione prevedesse la disponibilità di tutte le possibilità che le consentano di non rinunciare a essere madre (se lo volesse) e ancora donna, con una sua propria identità e autonomia (anche e soprattutto lavorativa ed economica, se lo volesse), senza subire i continui sensi di colpa di una opinione pubblica confusa tra bigottismo e americanismo, bipolare e giudicante?
Se lavori e lasci i figli dalla babysitter o al nido, sei una madre snaturata e senza coscienza; se stai a casa a occuparti di loro, sei una femminuccia senza personalità, una donnina insulsa, "la casalinga di Voghera", tutta presa da smacchiatori e padelle.
Perché non esiste un parallelo maschile di questa figura irridente e denigrante solo femminile, tipo "il segaiolo di Monfalcone", occupato in impellenti lavori di falegnameria?
Bisogna ripensare il femminismo.
Bisogna costruirlo sui punti di forza del femminile, non sulle aspettative della prospettiva maschile.
Così accade, oggi, infatti: un presente storico surreale in cui il brainwashing è talmente potente, soprattutto sulle figlie delle nuove generazioni, che l'offrirsi completamente nude e disinibite all'occhio scrutatore dell'osservatore impudico, sia esso di un orientamento o dell'altro, bypassando la condivisione delle proprie qualità attraverso lo sdoganamento, la penalizzazione e l'oggettificazione della figura esteriore e delle sue ammalianti forme, significa coraggio e libertà.
Tutto questo, invece, resta ad uso e consumo di una cultura che millanta dei progressi cognitivi di cui non è in possesso.
Dunque il marketing, al soldo del mercato e dell'economicismo, non ha bisogno di ingegnarsi in sofisticati mezzi di persuasione. Gli basta sfruttare le primordiali e rudimentali basi della psicologia dell'uomo ordinario, che si preoccupa soltanto di mangiare, dormire, defecare e (sperare di) accoppiarsi per generare un aumento di domanda e di conseguenza un introito importante di denaro nelle tasche dei grandi privati.
La libertà della donna passa attraverso la possibilità di scegliere che cosa fare di se stessa, senza dover per forza dimostrare qualcosa a qualcuno.
La libertà della donna passa attraverso il senso della dignità personale.
La libertà della donna passa attraverso il rispetto e la consapevolezza della sacralità del suo corpo, come compartecipe di uno dei più grandi atti divini ancora resistenti sulla Terra, la creazione di un altro essere umano, indipendentemente dal fatto che si voglia rendere attiva o meno in questo rito di prosecuzione della specie.
La libertà della donna passa dalla comprensione dell'incapacità dell'uomo di orientarsi spiritualmente, in questo mondo, senza un impulso femminile, saggio e solido, che lo guidi".
N I N A C A M E L I A

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