Pi Greco e Femminismo. Un'ipotesi.

Benvenuti nella sezione dedicata all'ipotesi riguardante il rapporto tra Pi Greco e il Femminismo. In questo spazio, esploreremo l'equilibrio tra il maschile e il femminile nell'individualità umana, e come questo concetto si collega alla tri-articolazione sociale.

Qual è l'ipotesi principale?

L'ipotesi principale riguarda l'equilibrio tra mascolino e femminino nell'individualità umana, dove il Pi Greco e il Femminismo si incontrano per formare una nuova prospettiva di ricerca.

Come si collega allatri-articolazione sociale?

L'ipotesi si collega alla tri-articolazione sociale attraverso la solidarietà scientifica tra i soci dell'organismo sociale. La ricerca dell'equilibrio e la cooperazione tra i generi sono fondamentali per promuovere l'equità e la giustizia nella società.

Unisciti alla nostra ricerca di equilibrio e solidarietà!

Scopri di più sul legame tra Pi Greco, Femminismo e tri-articolazione sociale. Insieme possiamo costruire un futuro più consapevole e positivo.

 

A me pare (almeno come ipotesi) che il valore del pi greco

nell'individualità umana, liberata dalla specie,

sia qualcosa di simile al rapporto tra femminino e mascolino,

entro il Sé, io universale (Nereo)

Scrive - a proposito del femminismo - l'artista e studiosa Nina Camelia, figlia d'arte e di scienza (suo papà fu professore di matematica innamorato della chitarra), con la quale ho spesso collaborato in musica:

"(Quello del femminismo) È un discorso complesso che purtroppo non raccoglie consensi perché alla gente devi dare Temptation Island per convincerla che l'amore è quando lui o lei non c'è e tu vai in crisi d'astinenza e se non c'è crisi di astinenza vuol dire che non sei innamorato. Insomma è veicolato un concetto di amore assolutamente tossico e poi ci si lamenta dei femminicidi" (email personale).

E ancora (in FB):

"Io non sono femminista ma il fatto che la lotta al patriarcato sia una grande boiata non significa che il problema della conquista di una dignità sociale della donna non sia ancora urgente.
Dunque, vediamo di capire.

Secondo l'ideologia comunista e progressista, emancipazione della donna vuol dire liberazione dal peso dell'accudimento della prole, per dedicarsi a sé stessa e al lavoro (ovvero contribuire all'aumento della produzione di cui anche la donna è diventata un fondamentale ingranaggio, dal primo momento in cui ha visto tradursi in realtà quella "grande conquista" che fu l'integrazione delle donne nelle fabbriche) che, tradotto in popolese spicciolo, significa affrancamento dal ruolo biologico della maternità, distruzione dell'unico vincolo che limita e rallenta la prestazione lavorativa ovvero l'utilizzo di una nuova figura umana per il raggiungimento di un obiettivo economico che arricchisce i ricchi e depaupera i poveri: se togli le madri dalle case, annichilisci il nucleo formativo ed educativo della famiglia che, volente o nolente, e nonostante la cultura woke, continua ad essere l'unico strumento eticamente inoppugnabile per fare figli e per costruire le società.

In pratica, la donna emancipata è un uomo.

Quanto sarebbe diverso e sano se, invece, l'emancipazione prevedesse la disponibilità di tutte le possibilità che le consentano di non rinunciare a essere madre (se lo volesse) e ancora donna, con una sua propria identità e autonomia (anche e soprattutto lavorativa ed economica, se lo volesse), senza subire i continui sensi di colpa di una opinione pubblica confusa tra bigottismo e americanismo, bipolare e giudicante?

Se lavori e lasci i figli dalla babysitter o al nido, sei una madre snaturata e senza coscienza; se stai a casa a occuparti di loro, sei una femminuccia senza personalità, una donnina insulsa, "la casalinga di Voghera", tutta presa da smacchiatori e padelle.

Perché non esiste un parallelo maschile di questa figura irridente e denigrante solo femminile, tipo "il segaiolo di Monfalcone", occupato in impellenti lavori di falegnameria?

Bisogna ripensare il femminismo.

Bisogna costruirlo sui punti di forza del femminile, non sulle aspettative della prospettiva maschile.
Così accade, oggi, infatti: un presente storico surreale in cui il brainwashing è talmente potente, soprattutto sulle figlie delle nuove generazioni, che l'offrirsi completamente nude e disinibite all'occhio scrutatore dell'osservatore impudico, sia esso di un orientamento o dell'altro, bypassando la condivisione delle proprie qualità attraverso lo sdoganamento, la penalizzazione e l'oggettificazione della figura esteriore e delle sue ammalianti forme, significa coraggio e libertà.

Tutto questo, invece, resta ad uso e consumo di una cultura che millanta dei progressi cognitivi di cui non è in possesso.

Dunque il marketing, al soldo del mercato e dell'economicismo, non ha bisogno di ingegnarsi in sofisticati mezzi di persuasione. Gli basta sfruttare le primordiali e rudimentali basi della psicologia dell'uomo ordinario, che si preoccupa soltanto di mangiare, dormire, defecare e (sperare di) accoppiarsi per generare un aumento di domanda e di conseguenza un introito importante di denaro nelle tasche dei grandi privati.
La libertà della donna passa attraverso la possibilità di scegliere che cosa fare di se stessa, senza dover per forza dimostrare qualcosa a qualcuno.

La libertà della donna passa attraverso il senso della dignità personale.

La libertà della donna passa attraverso il rispetto e la consapevolezza della sacralità del suo corpo, come compartecipe di uno dei più grandi atti divini ancora resistenti sulla Terra, la creazione di un altro essere umano, indipendentemente dal fatto che si voglia rendere attiva o meno in questo rito di prosecuzione della specie.

La libertà della donna passa dalla comprensione dell'incapacità dell'uomo di orientarsi spiritualmente, in questo mondo, senza un impulso femminile, saggio e solido, che lo guidi".

N I N A   C A M E L I A

Riporto qui lo scritto "Sul contenuto scientifico della fraternità" senza alcuna pretesa di voler giustificare l'ipotesi del Pi Greco in rapporto al Femminismo ma solo per mettere in maggiore evidenza la somiglianza immaginativa tra la lettera ebraica CHET e quella greca della Pi (cfr. "ח (chet) come giustizia e π (pi greco) come lontano": https://gratis-4733139.webadorsite.com/chet-come-giustizia-e-p-pi-greco-come-lontano), soprattutto immaginando il valore numerico 8  della CHET in orizzontale, notoriamente simbolo dell'infinito nelle antiche macchine fotografiche. In merito al Femminismo, forse in futuro l'ipotesi potrà essere giustificata. Per ora (2024) essa rimane un'ipotesi logico-immaginativa in mano all'intelligenza artificiale, che in questo sito non manca mai di offrirmi idee per relazionare i miei scritti alla tri-articolazione" dell'organismo sociale, entro la quale l'Economia è appunto una delle tre articolazioni.

Già nel video "Sulla fraternità nell'economia" dovrebbe essere chiarito che il concetto di fraternità, a cui mi riferisco per caratterizzare l'essenza dell'economia, non ha contenuti confessionali, né di buonismo, misticismo, pietismo, ecc., bensì scientifici e in tal senso caratterizzati da "anomia".

L'"anomia" è una parola di origine greca, composta da una "a" privativa e da "nòmos", legge.

Tale termine designa una situazione sociale simile a quella odierna, in cui le norme che regolano una società appaiono oggettivamente inadeguate alla loro funzione, oppure cessano di essere espressione di un valore, e perdono quindi di efficacia.

Secondo il sociologo francese Emile Durkheim (1858-1917), autore di "La divisione del lavoro sociale", 1893, e di "Il suicidio", 1897, il concetto di anomia riguarda il passaggio da una società a solidarietà meccanica (scarso grado di divisione del lavoro) a una società a solidarietà organica (alto grado di divisione del lavoro).

In tal senso Rudolf Steiner parlò di "organismo sociale".

"L'accentuazione del grado di divisione del lavoro sociale, o divisione "anomica" del lavoro, può provocare una situazione in cui il processo di produzione delle nuove funzioni sociali risulta più rapido del processo di produzione delle norme e dei valori capaci di interagire nella coscienza collettiva. Lo stato anomico della società, il suo disintegrarsi per effetto della crisi di legittimità (*) dei valori e delle norme che l'avevano tenuta coesa, si riflette in uno stato particolare degli individui: nel suicidio (più propriamente nella sua forma anomica) è possibile cogliere - secondo Durkheim - la concentrazione dei motivi di disadattamento prodotti dalla disintegrazione sociale capace di portare alla disintegrazione della personalità" (Enciclopedia Garzanti di Filosofia, pag. 32, Milano, 1981).

Durkheim sosteneva con ragione che la "divisione anomica" (i.e.: divisione del lavoro non normata, e quindi non dipendente da legalità o da imposizioni di norme, ma solo dal sano pensare umano) avrebbe presto sostituito la religione come principale fondamento di coesione sociale.

Così è stato.

Ciò che genera la divisione del lavoro è l'universalità del pensare. Dunque è in verità l'universalità del pensare ad aver sostituito la teocrazia nel rendere coeso il sociale. E dove manca tale universalità impera il caos.

Ecco perché il valore della fraternità, cioè della solidarietà, oltrepassando ogni buonismo e misticismo consiste nell'anomia scientifica della divisione del lavoro, reale fondamento della coesione sociale. Infatti, come giustamente osservava anche Durkheim, tale divisione anomica porta gli uomini ad essere consapevolmente dipendenti gli uni dagli altri, dato che ognuno ha bisogno di beni forniti da chi svolge un lavoro diverso dal suo (cfr. Emile Durkheim sul suicidio in “Appunti di scienze sociali”.

Gli oppositori alla divisione del lavoro ed alla genialità umana che la caratterizza (basti pensare al computer, alle opere tecnologiche, ecc., al fatto che, per es., grazie alla divisione del lavoro oggi ognuno può leggere gratuitamente queste o altre parole, documenti, ecc., scritti magari solo la notte precedente!) furono, e sono ancora oggi, persone retrive e incapaci di pensare al domani se non in termini di regole, norme, leggi, dogmi, scientifici, mistici, religiosi, e coercizione, provenienti dal passato.

Questi oppositori, che nel video “Sulla fraternità nell’economia” chiamo dinosauri sono, ancora oggi, propugnatori dello STATO ETICO di Johann Gottlieb Fichte, avversario della divisione del lavoro (vedi i suoi discorsi sulla massoneria) e di conseguenza anche del  genio umano.

Soggiogati alla nazione, al partito, e sostanzialmente affascinati dal potere burocratico, e dalla mera logica formale priva di connessioni con la vita reale, questi personaggi furono e restano dei burocrati della cosiddetta alienazione essenziale. Da questo punto di vista, e fino a prova contraria, tutta l'immane tiritera sull'io di Fichte non è altro che un tentativo di mascherare il fatto che egli non arrivò MAI ad essere una vera individualità, un vero io.

All'INDIVIDUALISMO ETICO arriverà soltanto Rudolf Steiner.

Sragionando secondo le paure del gruppo animale, gli odierni politici retrivi, nonché gli odierni antroposofi secondo me neo-giacobini e neo-massonici, si comportano a mio parere come persone massimamente retrograde, che si evolvono in senso inverso, procedendo dalla paura alla ferocia!

Mi pare dunque che i cosiddetti "animali sociali" di cui parlava Aristotele, siano oggi di fatto sempre più animali e sempre meno sociali.

Coloro che invece ammirano il genio umano amano la natura umana e sono creatori di beni e servizi reali, oramai in verità molto rari, dato che molte imprese fasulle, imparando dallo Stato plenipotenziario a rubare in modo legale, saccheggiano tutto e tutti. Se un'impresa non funziona è giusto che fallisca per incapacità propria. Purtroppo invece ci sono moltissime imprese che anziché fallire a causa della loro incapacità, chiedono e ottengono aiuti di Stato… E mi pare che l'attuale scuola pedagogica steineriana, parificata a quella dell'obbligo decadente di Stato, sia uno dei tanti esempi di questo imbroglio antroposofico a livello nazionale. Queste persone si comportano sostanzialmente da automi (automi arimanici direbbe Steiner), attivisti astratti e faccendieri dell'antroposofia, coi quali non si discute, perché per loro sembra contare più di tutto il dio quattrino.    

E il DIO TRINO? Bisognerebbe chiedersi: come può un'ipotetica moltitudine di persone, ciascuna delle quali lavori non secondo la divisione anomica del lavoro, ma per sé e secondo NORME DI UNO STATO ETICO, a costruire una nave, o un aereo, o una centrale elettrica? Non potrebbe mai farcela! Primo, perché perfino per confezionare un panino il panettiere non ce la farebbe mai se dovesse per sé stesso prima arare il campo in cui seminare il grano e costruire un mulino per macinarlo. E secondo perché lavorare assolutamente per sé (pur obbedendo in modo assoluto alle NORME DI TALE STATO ETICO) significherebbe avere comunque un compenso che non potrebbe mai bastare a compensare tutti coloro che dovrebbero lavorare a tali realizzazioni. Come fa uno che lavora esclusivamente per sé (e non per tutti come invece è proprio della divisione del lavoro) a costruirsi un transatlantico?

Credo che arrivare a comprendere che la divisione del lavoro non mette per nulla in pericolo l'evoluzione umana come credeva invece Fichte ( discorsi massonici di Fichte) sia, anzi, straordinariamente evolutivo in quanto emancipazione e liberazione dell'economia dalle grinfie dello Stato plenipotenziario.

Se infatti è vero, come è vero, che tutto tende ad individualizzarsi non vi è alcun motivo che il lavoro umano, così come anche ogni disciplina, scienza, fuoriesca da questa tendenza anomica, liberandosi dal nòmos (norma, legge) quindi dall'imposizione e dalla legalità.

Grazie alla divisione del lavoro, l'uomo lavora e lavorerà sempre più per il piacere di farlo, cioè per vocazione propria, perché è ormai arrivato, sempre per la divisione del lavoro, a creare genialmente macchine che lavorano per lui. Dunque non lavorerà mai più perché è costretto o per dovere (o per il "dover essere" kantiano, o fichtiano che sia). E ciò avrà enorme influenza benefica sul credito (intendo per credito il diritto ad una prestazione futura) sulla prestazione, e sul prodotto nazionale nel senso del prodotto dei nativi di una nazione.

Fin dalla sua origine infatti, il credito, capace di compensare l'uomo, fu accresciuto dall'incremento della cooperazione di tutti. Ciò significa che il credito aumenta con l'organizzazione dei nativi di una nazione.

Detto in parole povere: i soldi aumentano con l'organizzarsi dei soci dell'organismo sociale.

Solo in tal senso ogni credito è prodotto nazionale (da non confondere con "statale") e ciò vale anche per il credito personale avuto come prestito, dato che la responsabilità personale è una delle componenti del credito concesso a qualcuno, che in genere si concede fidando nella buona fede e nelle buone intenzioni del debitore, cioè sulla sua volontà di restituire la somma ricevuta, e se si considera che tale restituzione dipende poi anche dalle condizioni ambientali e dal mantenimento dell'ordine pubblico, è chiaro che pure il credito personale è un prodotto nazionale (nel senso di cosa realizzata dai nativi di un luogo o nazione, oppure sociale nel senso di cosa realizzata dai soci di tutto l'organismo sociale in cui si vive). E ciò porterà a riconoscere giuridicamente la terra come proprietà dei terrestri.

Ho detto molte volte che il caos sociale che stiamo vivendo non avrà mai fine finché non incominceremo a riconoscere la terra come luogo dei nativi, cioè come proprietà dei terrestri.

La terra è di tutti!

Coloro che lo negano, credono che la terra appartenga non a tutti ma a pochi. E, ovviamente, essi vorranno collocarsi fra quei pochi. 

Grazie alla divisione del lavoro costoro, producendo ognuno un pezzo di meccanismo - chi una vite, chi una rotella, chi una conduttura elettrica ecc. - per il funzionamento dei macchinari, dovranno prima o poi accorgersi di avere creato - lavorando non solo per se stessi ma per tutti gli altri (e ciò è già il contenuto scientifico di fraternità senza bisogno di fichtiani predicozzi moraleggianti o mentecattocomunisti contro la proprietà privata) - mezzi dinamici di produzione di quelle stesse viti, rotelle, schede elettroniche, vale a dire macchine che producono altre macchine senza l'ausilio di mano d'opera umana. Perché questa è già una realtà esistente. Si tratta solo di prenderne atto. 

E solo grazie a questo lavoro anomico (divisione del lavoro indipendente da imposizioni legali) è possibile accedere al diritto del minimo vitale per tutti dalla nascita alla morte senza condizioni.

L'unica condizione in verità è l'universalità del pensare.

Per le forme nuove di energia, motore ad acqua, fusione fredda, ecc., emissione di soldi senza le inutili banche di Stato, e così via, è difficile sperare oggi nel buon senso umano con un'antroposofia fichtiana in cui l'intelligenza umana scompare progressivamente!

Da secoli il pensare si è progressivamente alienato ed involuto, divenendo assurdo. Già dal 1835 si può citare un esempio curioso di tale deficienza di buon senso, chiamata "buon senso": dovendosi costruire la prima linea ferroviaria tra Fürt e Norimberga, fu chiesto al collegio dei medici bavaresi se fosse igienico farlo. Il collegio dei medici rispose (non è una favola, esiste ancora il documento, ed il fatto è citato nel libro di R. Hangen "Die erste deitsche Eisenbahn", 1885, p. 45 (cit. in R. Steiner, "La missione di Michele", conf. 6ª, Ed. Antroposofica, Milano, 1977) che non si doveva costruire alcuna strada ferrata, perché avrebbe reso nervosa la gente! Quel collegio dichiarò che, se proprio la gente voleva ferrovie, bisognava costruire a destra e sinistra alte pareti di assi, affinché coloro davanti ai quali i treni dovevano passare non dovessero avere commozioni cerebrali! Come si vede, più che "buon senso", questa è imbecillità.

Oggi ridiamo del documento fornito dal collegio dei medici bavaresi del 1835, ma se si proponesse del lavoro per rendere fluidodinamico il traffico, probabilmente ci comporteremmo alla stessa maniera. Un esempio di traffico ingegnerizzato secondo buon senso nell'organismo sociale potrebbe per es. essere la fluidificazione naturale dei flussi urbani ed extraurbani secondo i principi della fluidodinamica. Ciò ridurrebbe dal 70% al 90%, incidenti, morti, feriti, danni, smog, consumi (nell'organismo umano infatti il sangue venoso non si scontra mai con quello arterioso) e incrementerebbe di oltre il 200% il numero dei parcheggi, senza controindicazioni apprezzabili, ed eliminando le multe.
 
Altro esempio di imbecillità "di Stato" lo abbiamo già quattro secoli fa: il naturalista Francesco Redi, 1626-1698, seguace di Galileo, fu giudicato eretico pericoloso dalle autorità scientifiche del secolo 17°, perché affermava che anche gli animali inferiori nascono per riproduzione. A mala pena Redi sfuggì alla sorte di martirio di Giordano Bruno e di Galileo. Infatti gli scienziati ortodossi dell'epoca ritenevano che vermi, insetti e perfino pesci potessero avere origine dal fango. Il Redi non affermò nulla più di quanto oggi non sia universalmente riconosciuto, cioè che ogni essere vivente ha origine da un altro essere vivente. La sua colpa fu di avere conosciuto una verità due secoli prima che la scienza scoprisse per essa "prove inconfutabili".

Ebbene, oggi si ha paura della genialità umana, in quanto si ragiona ancora secondo concetti astratti e assoluti di uguaglianza delle classi, e si predica la fraternità come rimozione della proprietà privata! Non è imbecillità?
 
Vera fraternità è la divisione del lavoro, massima espressione scientifica di genialità nella natura umana!

NOTA

 (*) [Sulla differenza fra LEGITTIMITÀ e legalità, vedi sotto "In piccolo lo specchio della nostra Italia": pag. 51 del quotidiano Libertà del 17/10/2013].

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