RIVELAZIONE
Lo Studio Scientifico e Spirituale
Benvenuti nella sezione "Rivelazione" di Marameo, sezione che esplora il contenuto di una conferenza di R. Steiner. Si tratta di uno studio scientifico e spirituale sull'ARCHITETTO DELL'UNIVERSO dal primo periodo post-atlantico ad oggi (5° periodo).
La Scomparsa del Mondo Culturale nel XV° Secolo
Nel XV° secolo, il mondo culturale subì una drastica trasformazione: la scomparsa di ogni relazione diretta col mondo culturale, cioè col MONDO IMMATERIALE, anticamente detto SPIRITUALE, influenzò la nostra comprensione attuale del microcosmo e del macrocosmo. Ecco perché oggi non ci sono più studiosi come Vitruvio, Pico della Mirandola, Amos Comenius. Ed ecco anche perché è stato fatto credere che il palestinese Giuseppe di Nazaret, fosse un semplice falegname.
RIVELAZIONE
Studio sul cosiddetto architetto dell’universo dal primo periodo post-atlantico ad oggi (5° periodo).
Fonte: R. Steiner, Opera Omnia n. 167, conf. di Berlino dell’11/04/1916: “Gegenwärtiges und Vergangenes im Menschengeiste” (Presente e passato nello spirito umano), a cura di Marameo (ndm). La seguente conferenza è stata rivista da Marameo per offrire immediata comprensione, dunque non rispecchia letteralmente il modo di parlare del secolo passato. Chi volesse leggere la conf. originale, tradotta letteralmente, la può trovare nel sito web Libera Conoscenza.
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In questi tempi così difficili (1916 - ndm), e mentre maggiori difficoltà si annunciano ogni giorno, è buona cosa portare riflessioni che atte a farci conoscere i grandi ideali e i grandi impulsi storici dell’umanità. Nella nostra epoca è profondamente necessario rivolgersi alle grandiose rivelazioni che possono pervenirci dal mondo spirituale (immateriale - ndm), perché ciò che viviamo nel presente ci porta sicuramente verso tempi in cui avremo bisogno di tutto quello che, dal mondo spirituale, potrà dare conforto, forza, consolazione, speranza e serenità all’anima umana (attività interiore ominale - ndm). E a maggior ragione dobbiamo coltivare tali pensieri in quanto viviamo un’epoca in cui un approfondimento spirituale giusto, cioè una via che ci faccia penetrare nella vera vita dello spirito (io -ndm) di cui l’uomo ha bisogno, sta diventando di nuovo estremamente difficile e incontra ostacoli immensi. Oggi le circostanze e gli impulsi dell’evoluzione circondano l’uomo da ostacoli contro i quali, in un certo modo, non può lottare e che gli impediscono di cogliere veramente la vita spirituale come dovrebbe fare – lo vediamo ogni settimana di più – e come il doverlo fare diventerà sempre più necessario nei tempi a venire, perché i tempi a venire non saranno più facili di quelli che stiamo attraversando.
Certe comunità sono diffuse tanto tra individui eruditi quanto tra individui che lo sono di meno. L’insieme delle prime e delle seconde dispensa comunque un sapere occulto che utilizza, lasciandolo infiltrare in ciò, attività, e sforzandosi d’influenzare a modo loro nel bene come nel male, il corso dell’evoluzione dell’uomo. Oggi si può avvertire che una gran parte di queste comunità spirituali, che hanno prolungato la loro esistenza fino alla nostra epoca e che poggiano ancora sulle vecchie tradizioni e vecchi documenti, non hanno ancora capito ciò che deve portare un rinnovamento, la cui origine sta in quello che si manifesta adesso, dal mondo spirituale. Incontriamo in queste comunità, che non possono ancora essere all’altezza della loro epoca, una sorta di formula generale che dovrebbe governare un gran numero di loro. È la formula tramite la quale evocano la potenza creatrice che percorre e impregna il mondo. Quando vogliono designare questa potenza creatrice, questa realtà spirituale divina che percorre e pervade il mondo, queste comunità parlano del “sublime architetto dell’universo”. È una formula molto diffusa.
Per chiunque conosca il corso dello sviluppo dell’evoluzione umana, il fatto che certe comunità massoniche e altre nello stesso modo parlino di un sublime architetto dell’universo è la prova che queste comunità esistono dalla notte dei tempi e che risalgono fino ad istituzioni molto antiche. È la prova che tutto quello che possiamo dire a proposito di un’origine storica più tardiva di tali comunità è inesatto, e che, benché una volta avessero preso forme diverse, non hanno cessato di esistere sin da un passato estremamente lontano. Trovavamo già queste antiche comunità presso i greci, i romani, gli antichi egizi e prima ancora. Le comunità attuali di cui vi ho parlato risalgono a queste antichissime istituzioni, soltanto che i loro dirigenti non si trovano più in una relazione diretta con il mondo spirituale come lo erano una volta, e ora dispongono soltanto di un sapere trasmesso dalla tradizione.
Se vogliamo comprendere ciò che significa la formula che parla del sublime costruttore, o del grande architetto dell’universo, o piuttosto se vogliamo comprendere perché una tale formula è utilizzata, bisogna ricordare certe cose che di fatto potremmo sapere già ora ma di cui l’umanità, perfino la più sapiente élite, non ha ancora coscienza. Negli scritti di certi teologi illuminati o di buoni conoscitori dell’antichità, si trova già il concetto di rivelazione originaria. Cosa intendono con questo?
Vedo apparire questo concetto di rivelazione originaria in certi scritti ai quali il mondo scientifico concede già una certa credibilità e che non fanno figura di guazzabuglio più o meno delirante, come nel caso di libri che trattano di scienza dello spirito. In queste opere che sono prese sul serio, almeno fino a un certo punto, nel quadro delle nostre quattro facoltà, si tratta di questa rivelazione originaria. Possiamo farci un’idea particolarmente chiara di “rivelazione originaria” quando proviamo ad approfondire gli antichi testi religiosi. Per esempio, ci basta risalire fino all’insegnamento del Gautama Buddha. Quando lo si fa, e più in generale, quando ci riferiamo agli antichi testi religiosi, a condizione, ovviamente, di non essere pieni di pregiudizi, ci accorgiamo che le persone che hanno contribuito al concepimento di quei testi erano a conoscenza,
millenni indietro, di quello che l’ascesa del materialismo ha progressivamente cancellato e che l’umanità ha smarrito. Ma basta leggere senza pregiudizi i testi del Buddha che sono ancora a nostra disposizione per rendersene conto: ciò che vi è detto si fonda su di un immenso sapere che, precedentemente, dovette essergli stato trasmesso, e risale dunque ad un sapere originario venuto dalla notte dei tempi. Beninteso, questo sapere non ha potuto essere acquisito dagli antenati come quello che gli uomini ricevono oggi nelle facoltà! Penso che un osservatore imparziale di scienza moderna non mi contraddirà su questo punto. Non lo farà nemmeno se ha dei pregiudizi, perché allora in ogni modo rigetterà un sapere di questo tipo e ci vedrà soltanto un ammasso di elucubrazioni. Considererà tutto ciò da un punto di vista storico, e concederà credito ai libri che trattano di questo argomento soltanto se conterranno referenze serie e citazioni a sostegno. Ma il sapere stesso, non lo ammetterà, e quindi non potrà nemmeno ammettere che oggi si possa raggiungere un tale sapere attraverso mezzi naturali.
Siamo quindi ricondotti verso un sapere originario e chiunque osservi senza pregiudizi gli antichi documenti religiosi dovrebbe ammetterlo. Partendo dalla nostra epoca, dove saremmo “arrivati così gloriosamente lontani” (Svante Arrhenius, scientifico svedese, conclude così la prefazione del suo libro “Die Vorstellung vom Weltgebäude im Wandel der Zeiten, Leipzig 1908, omettendo di segnalare che Goethe mette queste ultime parole nella bocca di Mefistofele:… nel suo Faust), in tutti gli ambiti – fino al terribile massacro attuale (prima guerra mondiale - ndm), possiamo dunque risalire indietro nei secoli fino ad un antico sapere che troviamo ancora ad esempio in Jacob Böhme, Paracelso, ecc,, sapere che la nostra epoca – giunta così “gloriosamente” lontano – considera come un ammasso di confusioni. Prima ancora, arriviamo al tempo in cui la gente praticava l’alchimia nelle storte, e ancora più lontano, a un’epoca in cui anche le persone sapienti erano – secondo le rappresentazioni che ce ne facciamo oggi – “superstiziose”. Se però risaliamo attraverso i secoli con uno sguardo imparziale attraverso le civiltà romana, greca, egizia, ci accorgiamo che l’umanità disponeva allora di un certo sapere, che era diffuso nel mondo in modo tale che l’uomo contemporaneo non vi ha più accesso. È ovviamente molto difficile per l’uomo moderno farsene una rappresentazione, quando immagina che l’uomo di allora era una scimmia, un “pithecanthropus erectus”, un uomo-scimmia! Eppure, nonostante tutte queste teorie, l’osservatore imparziale che si attiene ai documenti deve pur ammettere che esisteva, in origine, un sapere che l’uomo odierno, con tutta la sua intelligenza, non può più raggiungere, un sapere di una grandezza infinita, che si elevava fino ai mondi spirituali, non avendo solo coscienza che si vive nel mondo spirituale, ma che vi si incontrano altri esseri, non incarnati: esseri che oggi designiamo, quando parliamo delle gerarchie superiori, come angeli, arcangeli, ecc. Studiando questi antichi testi religiosi, scopriamo che l’uomo vedeva questi esseri spirituali superiori come delle entità con le quali aveva rapporti. Gli scritti ce lo provano.
Cosa c’è dietro a questi fatti? Da un certo punto di vista, tali fatti indicano che l’uomo ominale aveva raggiunto un certo grado di elevazione. Eppure, pur partendo dal livello dell’uomo animale della “scienza” - livello del tutto ordinario - facile da raggiungere, e utilizzando analogie, possiamo anche tentare di avvicinarci a ciò che si nasconde dietro questa aporia. Il mondo che ci circonda, lo sappiamo, non contiene solo ciò di cui ci parla la scienza che si basa unicamente sui sensi. In realtà, la natura, così come ci si palesa oggi poggia, su un mondo elementare di cui troviamo certe descrizioni soltanto nelle mitologie antiche. Diversi esseri elementari ci vivono: gli gnomi nel regno minerale solido, le ondine in tutto ciò che è liquido nel regno vegetale; le silfidi nel mondo aereo vivente e le salamandre alla base di tutto ciò che è calore.
Se non si vive in un organismo sociale oscurato ma plenipotenziario come il nostro, ci si vergogna un po’ di parlare seriamente di questo genere di cose: entità elementari vivono quindi dietro a questo mondo, a questa natura che ci circonda. Non bisogna immaginarsi che queste entità se ne stanno lì tutto il tempo senza operare e che sono lì solo per farsi vedere da chiaroveggenti! Hanno compiti importanti da svolgere nel mondo. Ed hanno pure molto da fare. Devono soprattutto occuparsi di tutto ciò di cui la scienza materialista si immagina che si attui da sé. Perché non si attua da sé! Chi ha occhi per comprendere il mondo elementare, vede come, durante tutto il corso dell’anno, questi esseri hanno, in qualche modo, delle lezioni da seguire. Vede che i mondi spirituali agiscono diversamente su di loro in primavera, in estate, in autunno e in inverno. Guardando questo regno elementare nella natura terrestre che ci circonda, il mondo elementare accoglie – non si può dire che si tratti veramente di un insegnamento – forze che si riversano dalle altezze, affinché questi esseri possano, ad ogni primavera, riformare la copertura vegetale traendola dalla terra. Certe entità spirituali fanno scendere le forze degli spiriti della forma e le trasmettono a questi esseri elementari affinché un nuovo mondo di forme possa rinascere ogni anno. Quando l’estate si avvicina, ricevono la “lezione successiva”, che permette loro di compiere i propri doveri estivi. È così che, nel corso dell’anno, assistiamo a una collaborazione tra spiriti di alte gerarchie ed esseri elementari che risiedono e agiscono nella natura. Abbiamo a che fare con una continua discesa e salita di spiriti di alte gerarchie, i cui allievi sono entità aventi il compito di ricollocare forze vivificanti a disposizione di tutto ciò che sgorga e cresce nella natura nel corso dell’anno, ciò che nasce e muore, perché tutto ciò non proviene solo dalla terra, ma risulta direttamente da uno scambio con il mondo spirituale celeste.
Le persone che si immaginano che le piante e anche gli animali che, a ogni primavera, nascono e riprendono vita nella natura provengano semplicemente dalle forze della terra, sono un po’ come vermi che striscerebbero sotto terra senza potere mai salire in superficie, e che dicessero a sé stessi, andando di radice in radice: “Esistono soltanto radici”, negando categoricamente che possa esserci qualcosa, lì, dove non guardano mai, alla superficie della terra. E anche se un giorno capitasse che uno di loro salisse in superficie, e vedesse che esiste, lì, su un mondo di foglie e di fiori che si eleva dalle radici, illuminato dalla luce del sole, e riscendendo lo raccontasse a quelli che strisciano sottoterra e che conoscono soltanto le radici delle piante, tale verme si sentirebbe rispondere: “Non sei altro che un povero verme completamente sciocco che si inventa cose che non esistono!”. Forse non vediamo questo nei vermi, che sono probabilmente troppo svegli, ma lo vediamo negli uomini.
Tutto ciò che germina e cresce nel corso dell’anno si trova quindi sotto l’influenza diretta di esseri che fanno scendere e risalire le loro forze e le riversano nel mondo elementare. Allo stesso modo, le silfidi, gli gnomi, le ondine e le salamandre ricevono le influenze di questi esseri delle alte gerarchie che salgono e scendono a seconda delle stagioni.
Anche l’uomo riceveva, all’epoca in cui non era ancora così fortemente legato al suo corpo fisico quanto lo è adesso, l’insegnamento di spiriti di alte gerarchie che salivano e scendevano. I miti e le leggende rimaste e che ci narrano dell’uomo che, una volta, godeva dell’insegnamento di esseri scesi dal mondo spirituale poggiano interamente sulla verità. L’uomo viveva in compagnia degli spiriti con i quali soltanto gli gnomi, le silfidi, le ondine, ecc., vivono ancora oggi. L’uomo riceveva
l’insegnamento delle alte gerarchie che salgono e scendono come gli esseri elementari ricevono da loro, oggi ancora, le forze grazie alle quali elaborano forme che crescono dalla terra, sbocciano e appassiscono nel corso dell’anno. Troviamo le ultime tracce di questo antico insegnamento nei testi che hanno potuto essere conservati, e che permettono all’osservatore spregiudicato (privo di pregiudizi – ndm) di convincersi dell’esistenza di questa RIVELAZIONE ORIGINARIA.
L’ultimo retaggio di questa rivelazione spirituale si è riversata nell’umanità nel corso dei tempi che hanno preceduto l’ottavo secolo prima della nostra era. Possiamo indicare l’anno 747 a.C. per segnare il momento in cui, per via dello sviluppo della sua natura fisica, l’uomo è stato tagliato fuori da questa partecipazione diretta a un tale insegnamento. Ovviamente questo è successo pian piano.
Tutte le scienze dell’antichità provengono da questo modo di insegnamento diretto che si riversava allora dalle entità spirituali verso gli uomini. Li conosciamo ancora oggi grazie alla tradizione, ma non sono più capiti. Esaminiamo l’ultima delle scienze che è stata data all’umanità in questo modo. Cosa hanno quindi imparato gli uomini nel corso del tempo, sin dall’epoca in cui ricevevano questa rivelazione originaria sull’antica Atlantide? Hanno sperimentato la loro “propria relazione” con i mondi spirituali. Essendo l’uomo un microcosmo, tutti i processi che si svolgono nel macrocosmo si svolgono anche in piccolo nel suo interno. Le ultime cose che l’uomo ha imparato in questo modo, ricevendole dall’esterno, sono la GEOMETRIA e l’ARITMETICA.
Oggi ancora, chi lascia agire su di sé la geometria e l’aritmetica può intuire che sta ricevendo qualcosa che non gli è dato da altre scienze (quelle di cui si raccolgono i dati traendole da esperimenti ndm). Sente che geometria e aritmetica sono vere, indipendentemente da qualsiasi esperienza sensibile: nessuno può dimostrare, disegnando un triangolo oppure rappresentandoselo semplicemente misurando gli angoli, che la loro somma fa 180 gradi. Tutt’al più lo può constatare. Lo può dimostrare soltanto facendo un’esperienza interiore grazie al pensare. Allo stesso modo, nessuno può convincersi che 3 volte 3 fanno 9, se si limita alle cifre esteriori: deve cogliere INTERIORMENTE rappresentazioni. Non servono noccioline o fagioli, e nemmeno contare sulle dita; basta rappresentarsi interiormente la cosa per giungere interiormente alla verità: “3x3=9”.
Del resto, più in generale, la geometria e l’aritmetica che pensiamo in questo modo sono la base di tutto ciò che si esprime nelle forme dei monumenti. Gli egizi si riferivano già a un sapere più antico, un sapere originario, che includeva le leggi della geometria e dell’aritmetica.
Nell’epoca greco-latina, questo antico sapere era ancora comunicato agli uomini nelle scuole dei misteri. Si diceva loro: “Se ti immergi in te stesso, scopri tutto ciò che fu rivelato dagli spiriti delle gerarchie superiori ai tempi in cui vivevi un tempo sulla terra”. Nei centri dei misteri egizi, non c’era nemmeno bisogno di fare questo: erano ancora gli esseri superiori stessi che scendevano. All’epoca greco latina, il maestro riuniva i suoi allievi e diceva loro: “Avete vissuto incarnazioni anteriori e siete passati
attraverso uno sviluppo umano al quale partecipavano spiriti di gerarchie superiori. Questo si iscrisse nelle vostre attività interiori (anime - ndm). Fatelo riemergere!”. È così che nei misteri greci e romani il maestro faceva ancora riemergere dall’anima ciò che vi era stato depositato. In effetti, tutto può essere ritrovato nell’interiore attività umana, perché tutto vi è stato riversato dagli spiriti durante la rivelazione originaria. Quello che oggi traiamo da noi stessi, lo abbiamo già vissuto una volta, partecipando all’insegnamento delle gerarchie superiori.
Poi, vennero gli anni 1413-1414, e con loro l’inizio dell’era materialistica. Da quel momento in poi, l’uomo cessò di poter prendere coscienza di ciò che quell’insegnamento spirituale aveva una volta deposto in lui. D’allora, l’unione stretta dell’anima e del corpo fisico ricopre di un velo ciò che in realtà si trova nelle nostre anime. Ma per tutto il tempo che va dal 747 a.C. fino al 1413, era ancora possibile fare risalire dall’anima ciò che era stato deposto nelle epoche anteriori.
(Ecco perché Matteo, 4° periodo post-atlantico, chiamò Gesù “fabri filius”, cioè “figlio del carpentiere”, Matteo 13,55; si veda anche l’interessante pagina del sito “Aleteia” in cui si mostra che Giuseppe era soprattutto costruttore di edifici. Infatti Giuseppe era sia geometra, o architetto, che costruttore: anticamente i cosiddetti muratori conoscevano quello che facevano. NB: la masso-mafia non è un fatto di oggi, 2024, ma procederebbe, secondo la bibbia, dal tempo di Caino e addirittura dalle schiere degli angeli ribelli - ndm).
(Anch’io fui un angelo ribelle, pertanto oggi, avendo compresa la funzione di tali angeli, continuo la conferenza di Steiner, impersonandolo, come sempre ho fatto, dal 1972, leggendo in modo immaginativo tutta la sua Opera Omnia - ndm).
O freddo uomo animale della “scienza” o dell’antroposofismo antropocratico, prova a rappresentarti quello che dovette provare un uomo che viveva nell’epoca greca.

Tale uomo del 4°periodo (757 a.C. – 1412) diceva a sé stesso: “La GEOMETRIA, così come si esprime nelle forme di un monumento, arrivò un tempo dal mondo esterno e si riversò negli uomini come un insegnamento spirituale divino. Ed agli uomini mostrò come fossero davvero circondati da forme”. Ai giorni nostri (2016-2024 - ndm) quando qualcuno vuole disegnare un triangolo, prende una biro e traccia una figura su un foglio. All’antico greco non serviva disegnare: gli bastava concentrarsi per vedere, grazie ad un certo tipo di chiaroveggenza, di veggenza eterica (o eterea, cioè del 3° occhio - ndm), il triangolo davanti a sé. Poteva quindi disegnare davanti a sé con la chiaroveggenza, le forme geometriche. E così nello stesso modo, in tempi ancora più remoti, era per la scrittura. Non serviva scrivere sui papiri, ma si scriveva davanti a sé, grazie alla chiaroveggenza. E poi, come vi dicevo, l’uomo ha disposto attorno a sé ciò che in seguito si è riversato nelle forme dell’architettura, perché a una certa epoca dei misteri greci, lo si insegnò dicendo: “Adesso concentrati chiaramente su te stesso! Se ti concentri sull’uomo divino che vive in te, se non ti accontenti di appoggiarti sull’uomo effimero, un edificio fatto di forme geometriche di cui sei il centro si erigerà tutt’attorno a te”.
L’allievo dei “misteri” greci erigeva etericamente (etereamente, soprasensibilmente, occultamente, cioè nella propria vita pensante, di per sé anti-materiale - ndm) un edificio attorno a sé così come il ragno tesse la sua tela, attorno a sé. Erigeva tutt’intorno un insieme geometrico, e il resto del sapere umano si inseriva allora in quell’insieme. Poi, gli restava solo da attuare il tutto esternamente attorno a sé e ne risultava il tempio greco. In definitiva, coloro che costruirono i templi greci non fecero altro che riempire di materia fisica le forme geometriche che si disponevano attorno a loro, chiaroveggenti. Erigere il tempio consisteva semplicemente nel mettere le pietre all’interno di ciò che si presentava in quel modo. Ecco la ragione per la quale, essendo che in realtà doveva piazzare la sua propria umanità divina all’interno della costruzione, il greco tendeva sempre a collocarci la figura di un dio.
Nell’epoca in cui erige il tempio, il greco non costruisce solo un edificio; ci colloca sempre un’immagine della divinità, Atena Pallade, per esempio, che è l’ente uno, che, attorno a lui, erige l’edificio: il microcosmo, con quanto si manifesta dal macrocosmo e che tende ora ad uscire dall’interiorità dell’uomo.
Vedete quindi come la costruzione del tempio è in relazione con una chiaroveggenza originaria: gli uomini che costruivano in quel periodo sentivano nell'architettura qualcosa di divino, in relazione con tutto ciò che si rivelava allora entro la loro attività interiore. Non era come quando costruiamo oggi, avendo prima imparato tante varie cose a scuola di architettura.
Ecco perché la gente trovò così poco naturale il fatto che volemmo costruire il nostro edificio di Dornach attingendo alla scienza dell’eternità anti-materiale, immateriale, spirituale. Oggi in effetti, non si sa che tutto l’ambiente circostante e quindi tutta l’architettura può mostrare quale sia la funzione di un edificio. Invece era così all’epoca in cui si percepiva che un edificio era una rivelazione degli spiriti della forma. E questo spiega il modo singolare in cui Vitruvio (Marcus Vitruvius Pollio, architetto, ingegnere militare sotto Cesare e Augusto. Scrisse dieci libri “De architectura”, tra il 16 e il 13 a.C.), il grande costruttore dell’epoca di Augusto, parla dell’architetto. Egli evoca le qualità morali che l’edificio deve avere, così come la sua comprensione del senso divino dell’universo. Ecco un magnifico passaggio di un testo di Vitruvio, che mostra quanto ci si doveva aspettare da un architetto: «… deve essere dotato e disposto ad acquisire un sapere; in effetti dei doni senza un sapere o un sapere senza doni non possono formare un professionista compiuto. Deve essere colto, esperto in disegno, sapiente in GEOMETRIA, ottica e aritmetica, che conosca un numero sufficiente di opere storiche, che abbia ascoltato attentamente i filosofi, che conosca la musica, che non sia ignorante in medicina, che conosca la giurisprudenza, che abbia delle conoscenze in astronomia e sul sistema celeste».
Perché Vitruvio voleva che l’architetto sapesse tutto questo? Perché le forme dell’edificio erano manifestazioni delle gerarchie superiori – se ne era coscienti allora – e in quelli che creavano queste forme, si vedevano le entità delle gerarchie. Questo riveste una straordinaria importanza.
Per un geometra o per un architetto odierno sarebbe alquanto strano se si esigesse da lui, oltre a tutto ciò che ha da imparare durante la sua formazione, anche la medicina, la filosofia, il movimento degli astri e la scienza del cielo, cioè del celato o dell’occulto spirito. Eppure le cose stavano così. Vitruvio stesso diceva ancora in sé: “Quando costruisco, non deve essere il mio essere limitato ad agire; il mio essere limitato deve diventare uno strumento affinché un essere delle gerarchie superiori possa lavorare tramite lui”. Questa facoltà di relazionarsi con le gerarchie superiori, in modo che siano loro, e non l’uomo limitato, a costruire l’edificio pietra su pietra, la si riceveva però solo nelle scuole occulte, quelle dei misteri. Era lì che bisognava essere iniziati ai rapporti tra divino e umano o tra OMINALE e animale. Si studiava la medicina per poter disporre le forme in modo che diventassero veramente l’espressione dell’essere umano OMINALE, e che fossero costruite a partire dal microcosmo, similmente a come la chiocciola della lumaca è, in un certo senso, espressione della lumaca. L’uomo OMINALE sentiva che un essere spirituale divino guidava la sua mano, conduceva il suo spirito, e penetrava nelle forme architettoniche (scusate se Marameo, cioè io, Nereo Villa inserisco questa terminologia tra le parole di Steiner, ma voi sedicenti antroposofi che trasformate l’antroposofia in antropocrazia di Stato, siete animali, anzi non siete nemmeno animali ma bestie trionfanti come diceva Giordano Bruno, bestie che vorrebbero solo trionfare, cioè mafiosi, oltretutto aspiranti alla mafia di Stato, e rincoglioniti; sappiatelo: tutto ciò è per me di una comicità estrema, è tragicomico infatti come le battute di Crozza facciano meno ridere di quelle dei politici odierni! – ndm). Le forme dell’architettura furono le ultime ad essere state rivelate, ed è la ragione per cui tutto ciò che viveva nelle società segrete, così come tutto ciò che ne derivava, proveniva dall’autentica architettura e dallo stato d’animo che l’architetto dovette anticamente sviluppare per costruire. Anche se oramai è soltanto una caricatura, la prima esperienza di colui che entrava in una società occulta, era di mettersi in cammino verso i mondi spirituali: era il primo grado, al quale poi succedevano altri gradi. Così si diventava capomastro e maestro, ecc. e questi erano fatti concreti connessi a rivelazioni, quelle che oggi non ci sono più, dato che il rapporto diretto col mondo spirituale si è interrotto, si mantengono le tradizioni e le si ricoprono col velo del segreto (digos, polizia occulta, ecc., oggi, bisogna pur dirle queste cose di mafia; perché mai dovrei contribuire all'esistenza di Stati sedicenti democratici che hanno la loro "normalità" nella polizia segreta? Qual è la differenza tra polizia segreta, silenzio mafioso, omertà, "suicidio" di Stato, assassinio di Stato, ecc.? Oltretutto, se in una famiglia ci sono segreti significa che c'è vergogna. E uno Stato non dovrebbe forse essere come una famiglia in cui non c'è vergogna? - ndm), non permettendo agli altri uomini di esserne partecipi, in modo che non sappiano nulla di tutto ciò. Questo tipo di comunità (mafiosa – ndm) conservò così, secolo dopo secolo, di generazione in generazione, il sapere originario, deformato in modo scandaloso e utilizzato male (come ad esempio l’abuso del modello penale 45 da parte degli odierni magistrati mafiosi - ndm).
La quarta epoca post-atlantica, che durò fino al XV° secolo, circa fino all’anno 1413, ebbe precisamente per missione di far sì che scomparisse a poco a poco ogni relazione col mondo spirituale. Pertanto bisogna segnalare che nel momento in cui questa scomparsa ebbe luogo, certi spiriti più sottili, più sensibili di altri, avvertirono questo antico rapporto col mondo spirituale. Durante tutto il periodo che va dal 747 a.C. al 1413 circa d.C., questo rapporto c’era ancora: lo si poteva almeno fare vivere in sé a partire dalla reminiscenza, dal rimembrare. Ma questo cessò nel XIV° secolo. E soltanto qualche spirito sensibile fu ancora in grado di sentire, in seguito, l’azione dello spirito. La gente che studia la storia lo fa come se gli uomini fossero sempre stati come lo
sono oggi, dove «siamo arrivati così gloriosamente lontano». Ma così non è!
INTERMEZZO MUSICALE
Piergiorgio, Rivelazione nella Rivelazione
Si tratta del brano “Torija” di Moreno Torroba, che fa parte della raccolta “Castillos de España” del compositore spagnolo. E’ un’opera di delicatezza elegiaca sulla speranza di risorgere dalla rovina e dalla sofferenza descrivendo la storia del castello di Torija. Edificato nell'XI secolo dai Cavalieri Templari sarà occupato e distrutto dalle truppe francesi nel XIX secolo e poi ricostruito più bello e più grande di prima, dopo il ritiro degli eserciti Napoleonici. E’ una breve melodia che fa sognare, interrotta da un tono di inquietudine quale richiamo lontano della sua storia, ma che poi si acquieta ritornando alla bellezza iniziale. La rivelazione nella rivelazione è Piergiorgio, chitarrista e medico, che esegue questo brano. Sentirete parlare di lui ancora nel sito Marameo.
Se per esempio vuoi capire i secoli XV, XVI, XVII, è necessario avere il sentimento che a quell’epoca un soffio di vita spirituale passava ancora sulla terra. Senza quel sentimento ominale potrai solo documentarti con carte antiche, così come oggi può fare l’intelligenza artificiale (logica-matematica -ndm) ma non potrai mai considerare che una volta, quando l’uomo contemplava con gli occhi dell’anima quello che era intorno a lui nel mondo, non diceva soltanto: “Lì fuori ci sono le piante, le nuvole, il vento che soffia, i lampi”, ma si sentiva anche circondato da esseri elementari; li percepiva come percepiva le piante e gli animali. Poi tutto ciò si cancellò, non di colpo, ovviamente, per cui nel XIV°, XV°, e XVI° e ancora nel XVII° secolo, certi individui particolarmente sensibili sapevano che attorno a loro lo spirito viveva, agiva. Allora non si considerava quanto proviene dal mondo spirituale come lo si fa oggi, quando si dice di una certa persona (dentro la quale si sente agire il mondo spirituale), che è una testa di minchia! (licenza poetica di Marameo: quando ci vuole, ci vuole - ndm) Certo… potrebbe esserlo davvero, eppure il mondo spirituale potrebbe lo stesso svolgervi un suo ruolo. Le due cose non c’entrano nulla l’una con l’altra. Oggi ci si accontenta di una interpretazione materialistica. Ma una volta si aveva ancora una certa conoscenza dei fatti, e non si definivano fenomeni patologici (ciò che peraltro possono anche essere, nella nostra ottica materialistica), le manifestazioni del mondo spirituale nell’essere umano (si veda in proposito le prime conf. dell’Opera Omnia n. 318 di R. Steiner: “Corso di medicina pastorale” - ndm). Ebbene, se non vediamo questo, è impossibile capire certe cose.
Vorrei portare la vostra attenzione su un fatto. I nostri storici moderni ci descrivono l’epoca di Savonarola (1452-1498) e la città di Firenze nel XV° secolo, come se parlassero di una qualsiasi città del 2024, dove il popolo bue si raduna al bar Sport per chiacchierare. Ci presentano la Firenze di allora allo stesso modo, senza pensare che prima di tutto bisognerebbe reimmergersi nell’atmosfera di allora, quando si sentiva ancora in un certo modo lo spirituale. Cos’è dunque successo quella settimana a Firenze, per vedere la gente camminare per strada, tutta curva e gli occhi smarriti, come schiacciata da un peso? La domenica precedente, Savonarola aveva dichiarato: «Se la morale continua ad andare avanti così, di questo passo, siamo alla vigilia del diluvio!». E poi aveva concluso con queste parole: “Ecce ego aducam acquas super terram, ve lo dico, le acque si riverseranno su tutta la terra!”. Le sue parole erano pervase di spirito, e lo spirito si riversava veramente sulla gente tant’è che gli abitanti di Firenze vissero per una settimana intera sotto l’influenza spirituale di quello che avevano sentito. Anche Pico della Mirandola (tratto da: Giovanni Pico della Mirandola, "Ausgewählte Schriften", scritti selezionati, traduzione tedesca a cura di Arthur Liebert, Leipzig, 1905, pp.54), il conte Mirandola, visse a Firenze alla fine del XV° secolo e si immerse totalmente in quell’atmosfera. Allora eravamo al momento del passaggio dalla 4° alla 5° epoca post-atlantica. Pico della Mirandola era uno di quegli spiriti sensibili che avvertivano la scomparsa dello spirito tra gli uomini e provava nello stesso tempo una profonda nostalgia di ricevere ancora questo spirito. A dire il vero, molte persone a Firenze vivevano ancora col sentimento che, nella vita normale, lo spirito svaniva, ma che, ciò nonostante, dovevano accoglierlo in sé. Queste persone, nel rinascimento, si consideravano come dei neoplatonici. E non si poteva entrare nella loro accademia, dove si faceva rivivere Platone, se non si erano almeno sentite in sé certe forze che testimoniavano di aver avuto una percezione diretta dello spirito che esiste e agisce ovunque attorno a noi. Non si poteva iscriversi all’accademia di Firenze, dove si coltivava il neoplatonismo, se non ci si sforzava innanzitutto di avere queste esperienze capaci di dare questa convinzione immediata: è la vita stessa dello spirito che si esprime nella vita dei sensi. Orbene Pico aveva vissuto a più riprese tali momenti. Ecco perché capì le parole di Savonarola che, anche se in modo assai particolare, erano impregnate da tale spirito. Ma Pico era troppo futile e vanitoso per prestarsi a quello che Savonarola si aspettava da lui, cioè farne il suo socio. La sua vanità glielo impedì. E quando, relativamente giovane ancora, fu sul punto di morire, ebbe ancora un’esperienza spirituale che lo segnò profondamente: mentre sentiva la sua fine avvicinarsi, Pico della Mirandola ebbe una percezione nel mondo spirituale, che rivestì l’immagine della Madonna. La Madonna gli apparve e gli disse: «Non ti consegnerò completamente alla morte». Pico della Mirandola non capì subito. Credette inizialmente di poter continuare a vivere fisicamente. Ma morì, e Savonarola in persona pronunciò la sua orazione funebre, la quale mostra anche quanto allora poteva essere diversa un’orazione funebre, da una semplice lusinga odierna: «Nessuno qui ignora chi fu Pico della Mirandola. Dio lo ha riempito di doni e di favori. Era ricco di sapere e il suo spirito si elevava al di sopra dei mortali. La sua morte è una grande perdita per la Chiesa. Sono del tutto convinto che, se la sua vita non fosse stata così corta, avrebbe eclissato tutti i sapienti degli ultimi otto secoli. Una voce divina parlava nel suo cuore e lo chiamava per prendere gli ordini. A volte, era disposto a seguire questo richiamo. Ma posticipava sempre la decisione di farsi monaco. Era l’ingratitudine verso Dio oppure la sua attrazione per il mondo sensibile a trattenerlo? Forse era la delicatezza del suo corpo a fargli temere l’austerità della vita monacale, oppure pensava che, grazie ai suoi lavori scientifici, avrebbe servito anche la religione? Ecco perché da due anni lo minacciavo del castigo di Dio, e riconosco di aver supplicato l’Altissimo di infliggere qualche punizione a questo negligente. Però Dio fu indulgente nei suoi confronti. Certo, l’anima del defunto non conosce ancora la beatitudine celeste presso il Padre, ma non è nemmeno condannata al martirio dell’inferno eterno, perché potrà espiare per un certo tempo le sue colpe nel fuoco del purgatorio. Quello che vi sto dicendo adesso a proposito della morte di Pico della Mirandola non è rimesso in discussione dalla promessa a lui fatta dalla Vergine. Questa promessa, l’avevo presa inizialmente per la menzogna di un demone». E Savonarola evocava ora l’ultima espressione del viso di Pico della Mirandola: «Poi mi fu chiaro che il morente, nello smarrimento dei suoi ultimi momenti, credette che la promessa parlasse della prima morte mentre la Madonna, Ella, designava la morte eterna». La Madonna gli aveva annunciato che non sarebbe rimasto punito in eterno, ma soltanto per un breve momento dopo la sua morte. Era quello che pensava Savonarola.
Questo è il contesto in cui, allora, in questo genere di circostanze, si parlava di apparizioni spirituali. Possiamo in effetti prendere questo esempio, dato che è risaputo che Savonarola non parlava soltanto per piacere alla Chiesa – Chiesa alla quale, peraltro, egli non piaceva affatto, e che lo trattò di conseguenza. Di fatto, quando parlava dei mondi spirituali, parlava di quello che conosceva per esperienza. Le rivelazioni che Savonarola riceveva dal mondo spirituale superavano effettivamente tutte le esperienze che Pico della Mirandola poteva avere da quello stesso mondo.
I rari uomini spirituali di allora dovevano praticare un severo ascetismo per raggiungere almeno in certi momenti della loro vita, peraltro spesso in modo caricaturale, quello a cui aspiravano. Non tutto si sviluppa come se lo immagina la “scienza” attuale, cioè in modo lento e progressivo. Dire che la natura non fa salti è completamente stupido. Certo, non sono veramente salti, però passa costantemente attraverso forti transizioni. La foglia non si trasforma progressivamente, diventando un po’ meno foglia e poi ancora meno foglia, fino a formare il petalo ma la foglia verde si arresta quando appare il sepalo, poi all’improvviso appare il petalo colorato. È una sciocchezza pretendere che la natura non faccia salti! Eppure si ripete instancabilmente questo tipo di stupidaggini.
D’allora il compito successivo fu quindi di appellarsi alle forze che dovevano sostituire l’antico potere di percezione dello spirituale. C’erano due strade possibili. L’una era costituiva dal continuare, semplicemente, per tradizione: si era soddisfatti e si perpetuava ciò che gli avi avevano visto e rivelato. Numerose società segrete nacquero in questo modo. Altri uomini però si sforzarono di prendere in conto la nuova facoltà dell’anima appena sorta. Grazie alla forma d’intelligenza legata al corpo fisico, diventata la facoltà normale degli uomini del quinto periodo post-atlantico (periodo in cui siamo oggi - ndm), si tentò d’interpretare ciò che era stato dato una volta sotto forma d’immagini attraverso la visione diretta.
Uno di quelli che si sforzò di elevare in questo modo, nella giusta luce della sua epoca, l’antico principio di costruzione che ci è stato trasmesso con tutt’altra simbolica, fu il grande Amos Comenius. Ma nessuno oggi lo conosce, anche se fu il vero fondatore di ogni pedagogia moderna, l’inventore dell’abbecedario, l’uomo che, nel XVI°
secolo fu all’origine di tutto quello che si insegna ancora oggi ai bambini.
Tra le diverse opere che gli furono dedicate, anche se non si potrebbe dire che sono tutte buone, troviamo un libro di Friedrich Eckstein “Comenius e i fratelli moravi” (F. Eckstein, 1861-1939, “Comenius und die Böhmischen Brüder”, Österreichische Bücherei, n° 13, Insel-Verlag, Leipzig, s.a. Cfr. le citazioni di Comenius a p.14 e seg, e 42 e seg. Per quanto riguarda Eckstein si veda Steiner, Opera Omnia n, 28: “La mia vita”, cap. XXIX, Berlino e O.O. n. 38, Lettere, vol. I, 1881-1890). Eckstein apparteneva ad una piccola comunità teosofica della Vienna della fine degli anni 80 (1870-1880 – ndm). Da allora, seguì il suo percorso personale ed è da tanto che non sento più parlare di lui. Ecco comunque sue parole a proposito dell’“Orbis sensualium pictus” (il mondo sensibile illustrato): «Perfino nelle edizioni moderne tagliate ed edulcorate, queste immagini un po’ primitive ci hanno rallegrati tutti quando eravamo bambini. Le centocinquanta incisioni su legno dell’edizione originale, con i loro brevi commenti in latino e tedesco offrivano allo spirito del bambino, nell’ottica di un insegnamento simultaneo del linguaggio e della realtà, i concetti fondamentali della vita, iniziando da Dio, il mondo, il cielo e gli elementi, le piante, i frutti, gli animali, il corpo umano fino alle diverse attività ed opere dell’uomo, tutto ciò presentato con immagini e parole semplici, chiare e commoventi. Si capisce come questo libro abbia agito in modo così profondo sui bambini, durante numerose generazioni. Herder e Goethe l’hanno amato più di qualsiasi altra cosa durante la loro infanzia, e ne hanno certamente ricevuto impulsi per tutta la vita. Nel primo volume di “Poesie e verità”, Goethe racconta che “All’epoca, non esistevano ancora biblioteche per bambini. Gli anziani avevano ancora un’anima da bambino e che per loro era amabile condividere quanto sapevano con la loro discendenza. Fatta eccezione di “L’Orbis sensualium pictus” (op. cit.) di Amos Comenius, non esisteva nessun libro del genere».
L’arte di fare libri per bambini, cioè libri scolastici, risale a Comenius. Amos Comenius, nato in Moravia, ebbe durante tutta la sua vita contatti con numerose confraternite occulte diffuse allora in tutta Europa. Si poteva trovarne ovunque in quel periodo. Entrò in contatto con tutte e cercò di operarvi. Soprattutto quanto egli afferma nella sua “Pansofia” mostra in modo particolarmente bello come sapeva lavorare.
Tra il XVI° e il XVII° secolo, all’alba della nostra epoca, Comenius, uomo perfettamente cosciente di vivere un periodo di transizione, sapeva che un’altra epoca stava arrivando e che era necessario trascrivere ciò che esisteva un tempo, per dare ad essa forma di intelligenza esterna, dato che non era più possibile conservarla unicamente sotto forma di tradizione. Già allora quindi la tradizione risaliva a quanto fu rivelato per ultimo, cioè la costruzione del tempio. Che si prenda il tempio greco oppure quello di Salomone, non importa. La tradizione risaliva alle immagini della costruzione del tempio ed è lì che si attingevano simboli e immaginazioni.
Nella sua “Schola pansophica”, Comenius si era dato il compito di adattare tutto al modo in cui l’attività interiore ominale agisce in questa quinta epoca post-atlantica. Ecco le sue parole: «Anche se potremmo preferire un altro nome, abbiamo scelto quello di Pansofia, perché volevamo incitare gli uomini a conoscere tutto, a diventare saggi e pervadere il loro spirito con la verità delle cose piuttosto che con il fumo delle opinioni. Avremmo potuto anche chiamarla la scienza del meglio, dell’eletto oppure la scienza del non-sapere, se pensiamo a Socrate oppure agli apostoli. Ma come mai il tempio della Pansofia va eretto secondo le idee, i criteri e le leggi del SUPREMO ARCHITETTO?».
Qui Comenius si riallaccia al «sublime architetto dell’universo». A questo «grande architetto», egli si rivolge perché egli si sa cos’era l’architettura – l’autentica architettura – nell’antichità. Bisogna prendere questa espressione alla lettera, ma nel suo senso spirituale. E Comenius si sforza di tradurlo nel linguaggio della QUINTA EPOCA POSTATLANTICA: «Come mai il tempio della Pansofia va eretto secondo le idee, i criteri e le leggi del grande architetto? Perché seguiamo l’archetipo del tutto secondo la misura, il numero, la posizione e la finalità delle parti, così come la saggezza di Dio stessa ce ne ha dato il modello, prima con Mosè per l’arca dell’Alleanza, poi con Salomone durante la costruzione del tempio, e infine con Ezechiele per la ricostruzione». Avrebbe potuto citare ugualmente il tempio greco. «Se vogliamo edificare il tempio della saggezza, dobbiamo sempre ricordare che l’edificio che dobbiamo costruire era grande, splendido e famoso su tutta la terra, perché il nostro Dio è al di sopra di tutti gli dei. Occorre quindi appellarsi ai costruttori i più degni e capaci, dove essi si trovino, affinché radunino i materiali necessari e aiutino alla costruzione. Il tempio di Salomone fu costruito su ordine di Dio, sul monte Moriah che significa: il volto di Dio». L’uomo è sorto dal seno della divinità in quell’identico modo! Vitruvio, come ho mostrato, pretendeva dall’architetto che avesse in sé tutta la saggezza che riguarda l’uomo. «Il tempio della saggezza avrà in questo modo il volto di Dio come fondamento».
Allo stesso modo anche il nuovo sapere dovrà permettere di rivelare il volto di Dio, dovrà essere la manifestazione di Dio, «ed è quindi necessario che attraverso tutto quello che è visibile, lo spirito dell’uomo possa conoscere e contemplare l’invisibile Maestro del mondo in tutta la sua potenza, saggezza e bontà. Il tempio di Salomone era fatto di pietre e dei marmi più preziosi, di legno, pini e cedri profumati, di metalli e d’oro puro. Servirono 3 foreste per fornir il legno necessario alla costruzione del tempio della saggezza» e adesso traduce «la foresta dei sensi, quella della ragione e quella della rivelazione divina; la prima fornisce il comprensibile, la seconda fornisce il vivente e la terza l’imperituro».
Una volta avevamo le immagini della pietra, del legno e dell’oro intarsiato. Comenio traduce ciò nella lingua della quinta epoca post-atlantica: attraverso i sensi giungiamo al comprensibile, con la ragione giungiamo al vivente, con la rivelazione a ciò che è imperituro. Questo È la traduzione! – Ed aggiunge: «con le pietre furono eretti i muri, con il legno i rivestimenti e con l’oro i vasi sacri e i diversi utensili, così come le lastre per ricoprire i pannelli di legno e la pavimentazione di marmo. I muri del tempio della saggezza, loro, sono fatti della verità che ci viene grazie alla certezza dei sensi», – ciò che ci conferiscono i sensi formano i muri del tempio – «dal rivestimento di legno, che aggiunge ai dati dei sensi le riflessioni della ragione, e dell’oro che palesa l’armonia tra ciò che si manifesta e ciò che è conosciuto. Il tempio di Salomone era interamente fatto di pietre precedentemente tagliate. Durante la sua costruzione, non si sentiva nessun martello, nessuna ascia o alcun arnese di ferro. Ed è così che, durante la costruzione del Tempio della saggezza, non deve avvenire alcuna disputa o querela. Tutto sarà stato preparato a forma di cubi, affinché si debba soltanto assemblare e aggiustare. È necessario aver già dibattuto delle cose per essere in grado di trarne la saggezza».
Niente disputa o querela quando si è in cerca della verità! Ecco perché, cari amici, quello che dovrebbe essere l’oggetto delle nostre ricerche sulla nostra società – la saggezza spirituale – dipende anche dal fatto che i suoi membri non litighino (Azz! Esattamente come avviene oggi in tv! Ah ah ah! - ndm). Amos Cormenius prosegue: «Le parti del tempio di Salomone avevano le proporzioni le più belle e le più perfette rispetto al numero e alla misura, e un angelo munito di una corda per misurare …ne mostrava il progetto a Ezechiele». Ancora una volta c’è un’allusione all’angelo. – «Similmente, nel tempio della Saggezza, l’importante è che tutto sia ben misurato affinché lo spirito sia preservato da ogni errore. Nel tempio di Salomone c’erano ornamenti e sculture, intarsi con cherubini, palme e fiori. Nel tempio della saggezza, tutto deve essere bello e decorato. Tutto quello che conteneva il tempio di Salomone era sacro. È la stessa cosa nel tempio della saggezza; il suo contenuto deve essere puro e sacro e rivolto verso le mete più alte. Quello che Dio promise una volta ai costruttori del Tempio di Jerusalemme, la sua presenza, il suo aiuto, la sua benedizione, anche i costruttori del tempio della saggezza possono aspettarselo da lui. Perché dice: Amo chi mi ama ecc… e lo riempio di beni. Quando le fondamenta dei muri del tempio di Salomone furono terminate, i leviti e i preti vennero, vestiti con i loro ornamenti, e, con il popolo, lodarono il Signore a suono di cembali e di flauti».
(Ed ecco ora lo Steiner ironico – ndm:) Succede la stessa cosa, come è risaputo, alla nostra epoca! Qui ad esempio, cerchiamo la saggezza spirituale così come si manifesta nei mondi dello spirito, e i preti di tutte le confessioni sono fuori e lodano ciò che si è così scoperto, con tutto il popolo di Dio, a suono di cembali e di flauti… Magari! Ma sapete bene come succede con i preti e gli eruditi della nostra epoca!
«Durante l’edificazione del tempio della saggezza tutti quelli che amano Dio dovrebbero unirsi per lodare il nome del Signore dall’alba al tramonto, adesso e per l’eternità. Vogliamo una scuola della saggezza, della saggezza universale, una scuola pansofica, ossia un laboratorio dove ognuno possa essere formato per tutto ciò che si dovrebbe sapere per esercitare nella vita, presente e futura (in un modo esaustivo e grazie a mezzi talmente sicuri da non poter trovarvi nessuno all’oscuro di tutte queste cose, che non ne comprenda niente o che sia incapace di utilizzarli in modo giusto».
Quello che Goethe disse nel suo romanzo “Wilhelm Meister”, in particolare negli «Anni di viaggio», mostrando ciò che vuole fare dell’essere umano, era proprio in linea con quello che voleva Comenius. E là, ancora, senza che occorra essere troppo immodesti, se consideriamo oggettivamente quello che dovrebbe essere la meta dei nostri sforzi OMINALI, possiamo vedere che siamo sulla via di un impulso iniziato al XVI°, XVII° secolo, e che il nostro compito OMINALE è semplicemente quello di metterci in modo giusto sul sentiero dello sviluppo dell’umanità. Allora, il nostro fare sarà giusto, e non solo intenzionale, soggettivo e arbitrario, perché faremo esattamente ciò che è necessario per questo sviluppo.
“Scienzah” e scienza, venendo da due direzioni opposte possono incontrarsi: quando degli uomini costruiscono un tunnel, possono scavare partendo da lati opposti per incontrarsi in mezzo, purché i calcoli geometrici e il livellamento siano stati fatti correttamente. Allo stesso modo, la scienza moderna e la scienza dell’io possono incontrarsi, purché si mettano all’opera, l’una come l’altra, lealmente e in tutta onestà. Possono incontrarsi, e lo faranno, dato che è risaputo già da un secolo: prendi ad esempio il libro dello studioso K. L. Schleich (1859-1922): “Del meccanismo di commutazione del pensiero. Nuove intuizioni e riflessioni sull’anima, 1916” (Carl Ludwig Schleich, “Vom Schaltwerk der Gedanken. Neue Einsichten und Betrachtungen über die Seele”, quinta edizione, Berlino 1916 p. 256 f., 260 f. 261 f.) in cui vi è un capitolo Intitolato “L’isteria, un problema metafisico”. Eccone alcuni passi: «Una giovane donna è seduta su un divano. Davanti a lei, sopra un tavolino, gira un ventilatore. Durante una delle mie visite, la giovane donna esclama, in preda ad una eccitazione isterica: «Dio mio, quanto soffia! E se fosse un’ape enorme!» – un ventilatore – «Ebbene, signorina, apriremmo la finestra e la faremmo uscire». «No, No! Potrebbe pungermi. Dio mio, e se mi pungesse sull’occhio!» E mentre mi sforzavo di rassicurarla, spiegandole che sarebbe comunque un male rimediabile, in ogni caso assolutamente non letale, la sua palpebra inferiore iniziò a gonfiarsi mentre le parlavo e gemeva fino a formare un edema enorme, grosso come un uovo, infiammato e molto doloroso». Immaginarsi che vicino a lei c’era un’enorme ape, mentre era un semplice ventilatore un po’ rumoroso, bastò a provocare un vero edema! Altro passo riguardante un ospedale militare: «Un sottufficiale dal temperamento focoso, moro come un italiano, con due occhi neri e brillanti, arrivò da noi. Aveva le due spalle trafitte dalle pallottole, e le piaghe suppuravano intensamente. Riuscimmo a curarlo e ad abbassare la febbre; poteva già muovere sufficientemente la parte superiore delle sue braccia da poter suonare la fisarmonica. In quel momento portarono nel letto, di fronte al suo, un soldato ferito alla testa, semi-incosciente e con la febbre altissima. A momenti era colpito da crampi violenti. Mentre si discuteva delle condizioni dell’operazione, venne fuori questa parola imprudente: «Potrebbe essere tetano!». Non era il tetano; si tolse al malato un pezzettino di osso cranico e guarì velocemente. Ma 3 giorni dopo l’operazione, il nostro sottufficiale, le cui ferite alle braccia erano quasi guarite, ebbe la sua prima crisi di tetano!» Aveva soltanto sentito la parola «tetano!» – E questo quattro mesi dopo essere stato dimesso». Ogni contagio era escluso, visto che il suo vicino non aveva il tetano. Ebbene, «tutti i sintomi apparvero, fuorché la febbre. Gli venne iniettato il siero antitetanico nel midollo spinale, ma invano. Lo spettacolo di questo malato era dei più sconcertanti. Fu allora sottoposto alla prova abituale, assolutamente affidabile, inoculando a un coniglio un po’ di liquido tratto dal suo canale spinale. Il test fu negativo. Non si trovavano nemmeno i bacilli del tetano. Guarì nell’arco di qualche giorno, quando gli fu assicurato in modo categorico che non era il tetano. Si trattava quindi di un tetano isterico». In realtà non aveva il tetano. Fisicamente non aveva la minima traccia di tetano. E il prof. Schleich prosegue: «Ed ecco ancora alcuni casi che mostrano che l’isteria può scatenare una inibizione attiva dei processi vitali fino all’estremo. Arndt cita persino casi di morte apparente isterica. Anche altri autori ne parlano, ma non ne ho mai incontrato personalmente». La scienza senz’acca non dimentica questi fatti. E ancora: «Un ricco negoziante, che dirigeva personalmente i suoi affari, venne da me un giorno, supplicandomi di amputargli un braccio, perché si era punto con il suo pennino ed era persuaso di morire di setticemia. Mi sarei messo a ridere se non fosse che i tratti del negoziante, visibilmente irrigiditi dall’angoscia, non mi avessero tolto la voglia di farlo. Si era già recato da diversi medici ma tutti si erano rifiutati di operarlo. Avrei dovuto aver pietà di lui, e tagliargli quel braccio che si agitava già in tutti i sensi. Beninteso, anch’io tentai di calmarlo con tutti i mezzi e lo rimandai a casa sua. Andò a visitarlo la sera stessa; niente febbre, nessuna traccia di gonfiore ne d’infiammazione nella piccola ferita che avevo disinfettata bene, bendata e perfino aspirata io stesso. Ma rimaneva terribilmente eccitato. «perché non amputarmi? Potrei essere salvato!» La mattina seguente, l’uomo era morto. Mio amico Langerhans praticò l’autopsia. Non trovò nessuna infezione, nessuna tossina nel sangue, nessuna causa di decesso. Mia diagnosi: morto per isteria».
Come ammette Schleich, col pensiero si può provocare non solo un edema vicino all’occhio, ma anche la propria morte. Tale è il potere del pensiero! Se è sincero con la sua scienza, come in questo caso, il medico dovrebbe poter dire che, nel primo caso – la produzione di tessuti sotto l’effetto dell’isteria – si ha a che fare con il problema metafisico dell’incarnazione. Cioè il medico dovrebbe parlare di incarnazione! Il pensiero si incarna, egli dice, prende carne, così come l’attività interiore, detta anima, prende carne quando scende dai mondi spirituali e anima tutto l’organismo. Il medico ha già quindi fatto molta strada, anche partendo dal lato opposto, e accogliendo queste considerazioni. Nel secondo caso, Schleich parla di visione medianica: esisterebbe, secondo lui, una sorta di chiaroveggenza delle possibilità patologiche. Dunque il ricercatore sincero, volendo riflettere su fatti da lui osservati, dovrebbe parlare tanto di incarnazione quanto di chiaroveggenza (ma se non si aprono gli occhietti suini, come si fa a parlare di chiaroveggenza? Scusate se tutto ciò mi fa sorridere! - ndm).
Quando dico che non voglio nulla di arbitrario, e che la scienza della natura e la scienza dello spirito dovranno incontrarsi partendo da lati opposti, non invento nulla. Si incontreranno fin nelle parole. Non dico questo come una provocazione o per fanatismo ma perché penso di esprimere le condizioni della nostra epoca. Un pensiero ordinario, chiaramente, non può provocare un edema. Bisogna procedere a un esame serio di ogni caso. Provate un po’ a pensare fortemente di avere un tumore. Non funziona. Grazie a Dio! Il pensiero ordinario non ha questo potere. Non vi ucciderà, potete stare tranquilli. Ci sono misteri profondi dietro a tutto ciò, ma almeno una cosa è certa: finché ci limitiamo all’io ordinario e al semplice contenuto di pensieri, non andremo da nessuna parte.
E per quanto riguarda la signora la cui palpebra si è gonfiata? Il pensiero che si è formato quando lei ha percepito il ventilatore, ha dato vita ad una immaginazione che è scesa e si è avvolta, per così dire, nella propria attività interiore (anima). Di seguito questa immaginazione è stata in grado, attraversando la vitalità, di penetrare nel corpo fisico e di incarnarsi. In questi casi, bisogna sapere che se ci limitiamo all’io e all’anima, senza che la vitalità e il corpo fisico partecipino anche loro, non si può spiegare niente. Allo stesso modo, il pensiero rimasto al livello dell’io non avrebbe ucciso il negoziante. Ma ciò che viveva in questo – pensiero dell’Io – è sceso fino a penetrare nell’anima e l’anima è in stretto rapporto con le forze di nascita e di morte. Prima di tutto bisognerà allora scoprire ciò che la scienza dello spirito può portare alla scienza della natura. Purtroppo, con i nostri idiomi, molto spesso ci sfioriamo soltanto, e sarebbe auspicabile che ciò cambiasse, visto che nei fatti la gente si incontra anche solo andando al mercato. Vi racconto queste cose non per criticare questo eccellente libro di Schleich ma per mostrarvi come, per via delle condizioni della nostra epoca, gli uomini non riescono più a capirsi (era il 1916 quando furono dette queste parole ed ora, più di un secolo dopo, non abbiamo fatto un minimo passo in tal senso, dato che, divisi in partiti, esigiamo la guerra come salute dello Stato. Eccheccazzo! – ndc).
Schleich, parlò anche, in quello stesso libro, del «MITO DEL METABOLISMO CEREBRALE». Per lui, il metabolismo del cervello era già un mito! Notava infatti che Goethe si era già accorto che IL CRANIO, LE OSSA DELLA VOLTA CRANICA, SONO VERTEBRE TRASFORMATE. Ed aggiungeva ancora che non bisognava accontentarsi di questa constatazione, e che bisognava andare avanti.
È veramente molto bello, da parte di Schleich, voler proseguire la scoperta di Goethe e spingersi fino a pensare che tutto il cervello sarebbe un ganglio nervoso trasformato, quindi parte del midollo spinale trasformato. Diceva altresì che Goethe era una sorta di veggente, e che avrebbe benissimo potuto scoprire che non solo le ossa del cranio provengono da una metamorfosi delle vertebre, ma che tutto il cervello proviene da una tale trasformazione. Schleich concluse in bellezza il suo capitolo sul MITO DEL METABOLISMO CEREBRALE con le parole seguenti: «Se Goethe, questo veggente e profeta che ha fatto luce su tanti fenomeni della divina natura ha tra l’altro dimostrato che lo scheletro del cranio non è altro che una vertebra cervicale modificata, come «srotolata», visto che ritroviamo tutti gli elementi di quest’ultima nella placca ossea della base del cranio, sarei stupito che, percorrendo il labirinto dei suoi pensieri, non fosse giunto all’idea che il cervello sia il risultato di un processo di stratificazione che parte da elementi del midollo spinale. Non sarei stupito se un giorno si scoprisse qualche nota di Goethe a riguardo. Perché, in caso contrario, la vertebra si sarebbe elevata come ali di cigno ma perché si sarebbe arrotondata se non avesse dovuto ricevere, ricoprire e proteggere, come una cupola, l’organo centrale?».
Nel 1916 dunque, Schleich scrive che non sarebbe sorpreso se un giorno si scoprisse una nota di Goethe a riguardo. Ebbene, io stesso avevo già trovato questa nota nel 1892 quando lavoravo presso gli archivi di Goethe e Schiller a Weimar, e ho pubblicato, diverse volte, tutte le riflessioni a cui Schleich si dedica oggi (2016 – ndm)! Le carte, che Schleich immagina si scoprano forse un giorno, in realtà sono state trovate nel 1892, e questo fatto è risaputo.
Come vedete, è un dialogo tra sordi! Lo si può perfino dimostrare oggettivamente. Le condizioni attuali (2016! Figuriamoci oggi 2024! – ndm) dell’editoria non aiutano a provocare in modo del tutto naturale l’avvicinamento e l’intesa tra ricercatori. Ne abbiamo qui un esempio lampante: con i migliori intenti, e perfino col genio necessario, qualcuno si dice: “Potrebbe anche succedere”. Ebbene è già successo più di vent’anni fa! Vedete, questo è un fatto rivelatore del modo in cui si coopera oggi sul piano della ricerca scientifica. Fatti del genere sono ancora più significativi quando si è SICURI che non c’è la minima traccia di cattiva volontà dietro a tutto ciò, e che le cose si svolgano in tutta onestà (oggi, 2024, personalmente NON posso accogliere questa CERTEZZA di Steiner, per quanto ipotetica, circa la “Scienza” di Stato - ndm).
L’io e la scienza dell’io dovranno svilupparsi nell’umanità. Ebbene questo sviluppo spirituale dell’umanità mostra precisamente che una certa somma di conoscenze spirituali dovrà penetrare negli uomini e prendere una forma che porti loro la salvezza.
Anche da questo punto di vista i tempi sono maturi per poter compiere cose importanti. Nel momento in cui il sangue versato diventa l’aurora di una nuova epoca, in cui tante anime hanno varcato la soglia della morte, sacrificandosi per il loro tempo, lo spirito bussa alle porte che conducono dal mondo spirituale al nostro mondo terrestre. Non bisogna rimanere sordi! Dobbiamo sentire questo appello perché l’io sta arrivando e si annuncia già in tanti modi diversi. Deve solo essere orientato verso vie sane (di pace - ndm). Dobbiamo anche dire che quello che tenta di avanzare su queste rette vie non è sempre accolto nel modo giusto che gli spetterebbe. Colui che tenta, come stiamo facendo qui, di comprendere meglio il mondo spirituale (immateriale - ndm) in modo veramente scientifico non trova attorno a sé i preti e i leviti di oggi con i loro cembali e flauti, ma si scontrano ovunque in opposizioni, che spesso non sono neanche al di là di ogni sospetto… È importante cogliere ciò che si nasconde dietro a questi fatti. Da una parte, ci si sforza di permettere all’umanità l’accesso alle rivelazioni del mondo spirituale in un modo conforme allo spirito scientifico. Si vede arrivare allora ogni sorta di gente che tratta questi tentativi come lo sono sempre stati da persone che con la loro faccia intelligente e i loro discorsi vuoti, mettono in dubbio quello che facciamo. D’altra parte, certe verità sono violentemente strappate al mondo spirituale e orientate verso canali che esse possono seguire oggi.
Quello che deve avverarsi, particolarmente grazie agli sforzi della scienza dello spirito (scienza dell’immateriale - ndm), di fronte agli eventi gravi della nostra epoca, potrà allora compiersi…

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